«Vado oltre i generi e il mio maestro è Otis Redding»
Si sta facendo largo sulla scena musicale europea con eleganza e determinazione e con un singolo, Dilemme, che a inizio aprile, in pieno lockdown, ha attraversato i confini linguistici ed è riapparso in una nuova versione «gemellata» con l’italia.
Lous and the Yakuza (vero nome Marie-pierra Kakoma), cantante belga 24enne di origini congolesi, ha affidato la sua hit, già disco d’oro, al rapper Tha Supreme e alla sorella Mara Sattei che ne hanno realizzato un remix parte in francese, parte in italiano, parte nelle rime quasi indecifrabili del misterioso artista romano. «Il potere della musica va oltre le lingue e i generi. Io prendo ispirazione dall’hip hop, dal r’n’b, dal pop, da grandi come Kate Bush o Otis Redding. E cerco di trasmettere verità, ispirandomi alla vita reale e alla mia storia».
Dentro al sound molto contemporaneo di Lous, che quest’anno pubblicherà il primo album Gore, c’è la grinta di chi è andata contro tutto e tutti per inseguire il proprio sogno: «I miei genitori sono medici, quando dicevo che volevo scrivere canzoni non capivano. Ho passato quattro anni di guerra fredda con loro, ma adesso sono felici». Ad aiutarla a non demordere è stata un’incrollabile fiducia in sé stessa: «Mai avuto dubbi, ho sempre creduto tantissimo in me e penso sia un grande regalo. Bisogna fidarsi delle proprie capacità». Un atteggiamento con cui è emersa prima nella moda, poi nella musica, industria in cui le donne, sostiene, faticano a uscire dagli stereotipi: «Tante volte mi sono sentita dire che siamo troppo deboli e troppo emotive per farcela in certi ambiti, ma non me lo spiego. Dietro ogni business ci sono delle persone, l’importante è lavorare con quelle giuste».
Nel caso di Lous, gli stereotipi da scardinare sono doppi: «Sono una donna e sono nera, anzi nerissima. Quante altre cantanti hanno la pelle scura come la mia? Ci sono esempi più chiari, come Rihanna o Beyoncé, ma quelle come me si contano sulle dita di una mano». I cambiamenti invocati negli ultimi anni dal mondo dello spettacolo, specie oltreoceano, sono dei contentini, sostiene: «Quando lavoravo nella moda, piazzavano una ragazza asiatica e una nera accanto a 12 bianche per avere la coscienza a posto, ma la diversità non è questo. Ogni giorno devo aprirmi una strada che non è ancora stata tracciata. Io combatto per l’uguaglianza di tutte le persone, non solo quelle di colore, e mi accorgo che la mia gente mi guarda con speranza, chiedendomi di non commettere errori. Ogni decisione che prendo non riguarda solo me, ma un’intera comunità».