Corriere della Sera

GLI STUDENTI Noi, che non abbiamo rinunciato all’erasmus

Metà dei ragazzi italiani sorpresi all’estero dal virus ha scelto di proseguire anche con il lockdown E le domande per il prossimo anno sono in aumento «A Bruxelles ho fatto la volontaria in ospedale»

- Di Antonella De Gregorio

E rano 13 mila, all’inizio di marzo, gli studenti italiani, e 165mila quelli europei, in «mobilità» con il programma Erasmus. Partiti per studiare in un’altra università del Continente, hanno visto i loro piani stravolti dall’emergenza Covid 19. In Italia, prima, dove ogni anno arrivano 27mila ragazzi; poi in Spagna, Francia, Germania, i Paesi che accolgono più candidati. Gli atenei hanno chiuso i battenti, lezioni ed esami trasferiti online. A studenti e staff è stata assicurata la possibilit­à di rientrare, invocando la clausola di «forza maggiore» e chi ha scelto di annullare o rinviare l’esperienza, ha comunque continuato a percepire il contributo comunitari­o. Il 50% degli studenti italiani (dice l’indire, agenzia nazionale che gestisce la mobilità) e il 40% di quelli europei sono rimasti nel Paese ospitante, seguendo le lezioni e accumuland­o i previsti crediti universita­ri. 13

Non, però, le esperienze, gli Mila

Quanti erano gli studenti italiani in «mobilità» con il programma Erasmus 50 all’inizio di marzo

Per cento

Sono gli studenti italiani che hanno deciso di non abbandonar­e le città ospitanti nonostante il coronaviru­s

d Non è stata una decisione facile, ma di questa esperienza conserverò comunque un ricordo positivo

d All’inizio qui pareva tutto più tranquillo e nessuno prendeva precauzion­i Ho provato rabbia e paura

Laura Ceccarelli, 23 anni, studentess­a del quinto anno di Medicina e Chirurgia a Bologna, è a Bruxelles da settembre, per un programma di mobilità di dieci mesi. Quando la pandemia ha stravolto il mondo, stava svolgendo un tirocinio in ospedale, reparto di Neurologia. «Qui la situazione sembrava più tranquilla rispetto all’italia, nessuno prendeva precauzion­i, si viaggiava in metrò come se niente fosse». Ma dal 18 marzo anche in Belgio è iniziato il lockdown. «Inizialmen­te ho provato rabbia, paura, sconforto. Dovevo decidere se rientrare in Italia o no. Mi spaventava l’idea di rimanere sola, ma tornare avrebbe esposto a un rischio sia me che la mia famiglia». È rimasta, trasforman­do la sfida in un’opportunit­à. «Gli ospedali di Bruxelles cercavano studenti volontari e ho capito di poter iniziare un’esperienza stimolante e irripetibi­le. Ho iniziato a fare turni alle urgenze dell’hôpital Erasme nelle aree Covid 19, nelle postazioni preposte al pre-triage dei pazienti che accedevano al Pronto Soccorso». Dopo l’ultima guardia, il 29 aprile, Laura ha ripreso la routine studioesam­i. In attesa di rientrare a Bologna a luglio. «A fine estate tornerò: mi manca una parte di tirocinio e non voglio certo rinunciare».

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