Bibi alla sbarra «Vogliono abbattermi»
Quando entra nell’aula 317, Benjamin Netanyahu diventa il primo capo di governo nella Storia di Israele a doversi presentare in tribunale mentre è in carica. Da dietro la mascherina – obbligatoria in tempi di Covid-19 – risponde «sì» quando i giudici gli chiedono se abbia letto le accuse di corruzione, frode, abuso d’ufficio nei tre diversi casi, catalogati dagli investigatori 1000, 2000, 4000. Dopo l’udienza di ieri, il leader della destra è dispensato dal partecipare alle sedute – la prossima sarà il 19 luglio – fino al confronto con i testimoni e alla dissezione delle prove raccolte dalla polizia in tre anni di indagini. È quello che avrebbero voluto da subito i suoi legali, la scorsa settimana hanno tentato di convincere i giudici che le misure di sicurezza sarebbero costate troppo, che sarebbero bastati loro per questo primo passaggio tecnico. Se davanti ai giudici il premier pronuncia solo un monosillabo, è fuori dalla corte distrettuale che tiene un comizio: «Non c’è stato limite ai tentativi di abbattermi per abbattere il governo di destra. Entro a testa alta, le accuse contro di me sono ridicole. Ho chiesto che le udienze siano trasmesse in diretta, perché gli israeliani possano ascoltare tutto direttamente e non attraverso il filtro dei giornalisti al soldo del procuratore generale». Il processo cominciato con 45 giorni di ritardo sulla data prevista causa emergenza Coronavirus rischia di durare anni. L’accusa di corruzione ruota attorno alla presunta intesa tra Netanyahu (anche ministro delle Telecomunicazioni tra il 2014 e il 2017) e Shaul Elovitch, allora proprietario del gigante Bezeq. Elovitch avrebbe ottenuto il passaggio di leggi che gli hanno garantito vantaggi per oltre 200 milioni di dollari in cambio di articoli favorevoli a Netanyahu e famiglia pubblicati dal sito Walla, sotto il suo controllo.