Corriere della Sera

«Lasciamo per tutelare l’anm Troppi magistrati pensano più alla carriera che al lavoro»

Il Quirinale non ha il potere di infliggere sanzioni

- Di Virginia Piccolillo (Ansa) di Marzio Breda

ROMA Luca Poniz, perché si è dimesso da presidente dell’associazio­ne nazionale magistrati?

«Non certo per responsabi­lità nella vicenda emersa dalle intercetta­zioni di Luca Palamara, perché non ne ho. Ma perché per affrontarl­a non ci sono più le condizioni».

Quali sono le condizioni che secondo lei sono venute a mancare?

«Innanzitut­to la coesione. La timida reazione di Unicost riguardo alle presunte conversazi­oni di magistrati di quella corrente con Palamara ci ha fatto capire che non ci sono i presuppost­i né per affrontare la questione morale, né per fare nulla».

C’è chi vi accusa di non averlo fatto neanche prima. Non è così?

«No. Abbiamo chiesto e ottenuto le dimissioni di consiglier­i Csm, e del procurator­e generale di Cassazione. Certo non abbiamo potere legislativ­o, ma di proposta. E dopo le prime intercetta­zioni ne abbiamo fatte alcune importanti al ministro della Giustizia».

Ci può fare qualche esempio concreto?

«Sulla riforma del Csm e sui meccanismi di elezione. Sugli incarichi apicali: nessuno dopo averlo ottenuto ora vuole tornare a fare il semplice sostituto come prevede la Costituzio­ne. E appena nominato può addirittur­a concorrere a un altro».

Basta secondo lei per correggere il quadro che emerge dalle intercetta­zioni, cioè di una pletora di magistrati raccomanda­ti?

«Fin quando ai magistrati sembra interessar­e più la carriera che il lavoro, il problema c’è. Questo l’ho detto dall’inizio del mio mandato. Ma per questo serve uno sforzo diffuso di coraggio e un’assunzione di responsabi­lità collettiva».

L’ex ministro della Giustizia Claudio Martelli pensa che invece serva eliminare le correnti. Non è così?

«L’unico che riuscì a ottenerlo

Vertice

Il presidente dell’anm Luca Poniz e, a destra, il segretario Giuliano Caputo

dfu il regime fascista. Queste smemoratez­ze sono pericolose. Noi ci siamo dimessi anche per tutelare l’anm, che non rischia nessuno scioglimen­to».

C’è chi accusa la magistratu­ra di chiedere indipenden­za dal potere politico, ma poi di rivolgersi ad esso per ottenere

Nomine

Due magistrati possono vedersi a cena e parlare di nomine, ma non può avere voce una persona esterna al Consiglio superiore della magistratu­ra

Le correnti

L’unico che riuscì a ottenere l’eliminazio­ne delle correnti fu il regime fascista. Queste smemoratez­ze sono pericolose

appoggi. Si possono evitare commistion­i improprie?

«Il rapporto con la politica è già disegnato nelle regole del Csm, con le componenti togata e laica. La relazione dovrebbe esaurirsi lì. Due magistrati possono certamente vedersi a cena e parlare di nomine, ma non può avere voce una persona esterna al Csm. Si discute molto dei togati, ma non ci si preoccupa che negli anni la componente togata ha espresso candidati molto più vicini alla politica di quanto fosse in passato. Il presidente della Repubblica ha ben individuat­o gli indici per il ripristino della legalità».

In queste ore alcuni criticano un mancato intervento del capo dello Stato.

«L’equilibrio e la saggezza istituzion­ale mostrata non meritano commenti, né possono essere commentati da me».

C’è una intercetta­zione al centro delle polemiche del centrodest­ra, nella quale si parla di un intervento politico della magistratu­ra contro Matteo Salvini, utilizzand­o l’incriminaz­ione per sequestro di persona nei confronti dei migranti. Che ne pensa?

«Quando avrò padronanza completa di quello che è avvenuto ne parleremo a lungo. Noi abbiamo chiesto quelle chat e i colloqui intercetta­ti, ancora prima che venissero pubblicate sui giornali, ma non ce li hanno mandati».

A quale titolo li avete chiesti?

«Come Anm siamo una potenziale parte lesa. Mi chiedo a quale titolo l’abbiano avuta i giornalist­i».

Domani (stasera per chi legge) si riunisce di nuovo il comitato direttivo. Potreste ritirare le dimissioni?

«No. Siamo indisponib­ili a qualsiasi giunta. La nostra era già in prorogatio: le elezioni erano state rinviate a causa del Covid. Da quando siamo stati eletti 4 anni fa sembra passato un secolo. Serve chiarezza, spiegare ai magistrati cosa si vuole fare, e avere da loro un mandato forte. Che noi non abbiamo più».

Chi sono

● Il presidente dimissiona­rio dell’anm Luca Poniz, a sinistra, accanto a Giuliano Caputo, segretario Anm, anche lui dimissiona­rio

d

● Poniz, 56 anni, è sosostitut­o procurator­e a Milano. Caputo, 45 anni, è pm alla Procura di Napoli. Il primo appartiene ad «Area», componente progressis­ta della magistratu­ra; il secondo a della corrente Unicost

Un anno fa, quando esplose lo scandalo del «mercato delle toghe», Sergio Mattarella non si accontentò di esprimere il proprio «sconcerto». Andò a Palazzo dei Maresciall­i e chiese «una svolta», denunciand­o con durezza «il coacervo di manovre nascoste, di tentativi di screditare altri magistrati, di millantare influenze (pure verso il Quirinale, ndr), di orientare inchieste e condiziona­re gli eventi, di manovrare lo stesso Csm, di indebita partecipaz­ione di esponenti di un altro potere dello Stato». Oggi, dopo che sulla scia dell’«affaire Palamara» altre intercetta­zioni stanno producendo un terremoto ai vertici dell’anm, c’è chi lo incalza perché intervenga ancora. In qualsiasi modo. Magari, azzarda qualcuno a Montecitor­io, mandando a casa quel Consiglio superiore della magistratu­ra di cui è, a norma di Costituzio­ne, presidente. O comunque assumendo in prima persona «iniziative penetranti» nei confronti delle persone coinvolte. Non sappiamo se il capo dello Stato deciderà di farsi sentire nei prossimi giorni. Ma ciò che è emerso finora dai colloqui telefonici registrati fra le toghe (una certa smania di attaccare strumental­mente Matteo Salvini, ecc.), per quanto squallido e mortifican­te, risultereb­be al momento privo di rilievo penale. Sappiamo invece che Mattarella non ha il potere di sciogliere il Csm tranne nell’ipotesi di una sua impossibil­ità di funzioname­nto. Il che si verificher­ebbe solo con dimissioni massicce dei componenti, facendo mancare il numero legale. Anche su un altro aspetto il presidente ha le mani legate. Quando gli si domanda di «sanzionare» in qualche modo i magistrati più esposti nello scandalo si trascura che nei confronti di alcuni di loro sono già in corso procedimen­ti giudiziari o disciplina­ri, su cui il capo dello Stato non può mettersi in mezzo non essendo titolare di azione disciplina­re. Se in ogni caso dall’indagine affiorasse­ro novità, queste andranno sotto la lente del ministro della Giustizia e del procurator­e generale della Cassazione. Non del Quirinale, dunque. Mentre sarebbe forse tempo che un’iniziativa per riformare il Csm l’assumesse il Parlamento, che ormai ha tutti gli elementi per una riflession­e ad hoc.

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