«Lasciamo per tutelare l’anm Troppi magistrati pensano più alla carriera che al lavoro»
Il Quirinale non ha il potere di infliggere sanzioni
ROMA Luca Poniz, perché si è dimesso da presidente dell’associazione nazionale magistrati?
«Non certo per responsabilità nella vicenda emersa dalle intercettazioni di Luca Palamara, perché non ne ho. Ma perché per affrontarla non ci sono più le condizioni».
Quali sono le condizioni che secondo lei sono venute a mancare?
«Innanzitutto la coesione. La timida reazione di Unicost riguardo alle presunte conversazioni di magistrati di quella corrente con Palamara ci ha fatto capire che non ci sono i presupposti né per affrontare la questione morale, né per fare nulla».
C’è chi vi accusa di non averlo fatto neanche prima. Non è così?
«No. Abbiamo chiesto e ottenuto le dimissioni di consiglieri Csm, e del procuratore generale di Cassazione. Certo non abbiamo potere legislativo, ma di proposta. E dopo le prime intercettazioni ne abbiamo fatte alcune importanti al ministro della Giustizia».
Ci può fare qualche esempio concreto?
«Sulla riforma del Csm e sui meccanismi di elezione. Sugli incarichi apicali: nessuno dopo averlo ottenuto ora vuole tornare a fare il semplice sostituto come prevede la Costituzione. E appena nominato può addirittura concorrere a un altro».
Basta secondo lei per correggere il quadro che emerge dalle intercettazioni, cioè di una pletora di magistrati raccomandati?
«Fin quando ai magistrati sembra interessare più la carriera che il lavoro, il problema c’è. Questo l’ho detto dall’inizio del mio mandato. Ma per questo serve uno sforzo diffuso di coraggio e un’assunzione di responsabilità collettiva».
L’ex ministro della Giustizia Claudio Martelli pensa che invece serva eliminare le correnti. Non è così?
«L’unico che riuscì a ottenerlo
Vertice
Il presidente dell’anm Luca Poniz e, a destra, il segretario Giuliano Caputo
dfu il regime fascista. Queste smemoratezze sono pericolose. Noi ci siamo dimessi anche per tutelare l’anm, che non rischia nessuno scioglimento».
C’è chi accusa la magistratura di chiedere indipendenza dal potere politico, ma poi di rivolgersi ad esso per ottenere
Nomine
Due magistrati possono vedersi a cena e parlare di nomine, ma non può avere voce una persona esterna al Consiglio superiore della magistratura
Le correnti
L’unico che riuscì a ottenere l’eliminazione delle correnti fu il regime fascista. Queste smemoratezze sono pericolose
appoggi. Si possono evitare commistioni improprie?
«Il rapporto con la politica è già disegnato nelle regole del Csm, con le componenti togata e laica. La relazione dovrebbe esaurirsi lì. Due magistrati possono certamente vedersi a cena e parlare di nomine, ma non può avere voce una persona esterna al Csm. Si discute molto dei togati, ma non ci si preoccupa che negli anni la componente togata ha espresso candidati molto più vicini alla politica di quanto fosse in passato. Il presidente della Repubblica ha ben individuato gli indici per il ripristino della legalità».
In queste ore alcuni criticano un mancato intervento del capo dello Stato.
«L’equilibrio e la saggezza istituzionale mostrata non meritano commenti, né possono essere commentati da me».
C’è una intercettazione al centro delle polemiche del centrodestra, nella quale si parla di un intervento politico della magistratura contro Matteo Salvini, utilizzando l’incriminazione per sequestro di persona nei confronti dei migranti. Che ne pensa?
«Quando avrò padronanza completa di quello che è avvenuto ne parleremo a lungo. Noi abbiamo chiesto quelle chat e i colloqui intercettati, ancora prima che venissero pubblicate sui giornali, ma non ce li hanno mandati».
A quale titolo li avete chiesti?
«Come Anm siamo una potenziale parte lesa. Mi chiedo a quale titolo l’abbiano avuta i giornalisti».
Domani (stasera per chi legge) si riunisce di nuovo il comitato direttivo. Potreste ritirare le dimissioni?
«No. Siamo indisponibili a qualsiasi giunta. La nostra era già in prorogatio: le elezioni erano state rinviate a causa del Covid. Da quando siamo stati eletti 4 anni fa sembra passato un secolo. Serve chiarezza, spiegare ai magistrati cosa si vuole fare, e avere da loro un mandato forte. Che noi non abbiamo più».
Chi sono
● Il presidente dimissionario dell’anm Luca Poniz, a sinistra, accanto a Giuliano Caputo, segretario Anm, anche lui dimissionario
d
● Poniz, 56 anni, è sosostituto procuratore a Milano. Caputo, 45 anni, è pm alla Procura di Napoli. Il primo appartiene ad «Area», componente progressista della magistratura; il secondo a della corrente Unicost
Un anno fa, quando esplose lo scandalo del «mercato delle toghe», Sergio Mattarella non si accontentò di esprimere il proprio «sconcerto». Andò a Palazzo dei Marescialli e chiese «una svolta», denunciando con durezza «il coacervo di manovre nascoste, di tentativi di screditare altri magistrati, di millantare influenze (pure verso il Quirinale, ndr), di orientare inchieste e condizionare gli eventi, di manovrare lo stesso Csm, di indebita partecipazione di esponenti di un altro potere dello Stato». Oggi, dopo che sulla scia dell’«affaire Palamara» altre intercettazioni stanno producendo un terremoto ai vertici dell’anm, c’è chi lo incalza perché intervenga ancora. In qualsiasi modo. Magari, azzarda qualcuno a Montecitorio, mandando a casa quel Consiglio superiore della magistratura di cui è, a norma di Costituzione, presidente. O comunque assumendo in prima persona «iniziative penetranti» nei confronti delle persone coinvolte. Non sappiamo se il capo dello Stato deciderà di farsi sentire nei prossimi giorni. Ma ciò che è emerso finora dai colloqui telefonici registrati fra le toghe (una certa smania di attaccare strumentalmente Matteo Salvini, ecc.), per quanto squallido e mortificante, risulterebbe al momento privo di rilievo penale. Sappiamo invece che Mattarella non ha il potere di sciogliere il Csm tranne nell’ipotesi di una sua impossibilità di funzionamento. Il che si verificherebbe solo con dimissioni massicce dei componenti, facendo mancare il numero legale. Anche su un altro aspetto il presidente ha le mani legate. Quando gli si domanda di «sanzionare» in qualche modo i magistrati più esposti nello scandalo si trascura che nei confronti di alcuni di loro sono già in corso procedimenti giudiziari o disciplinari, su cui il capo dello Stato non può mettersi in mezzo non essendo titolare di azione disciplinare. Se in ogni caso dall’indagine affiorassero novità, queste andranno sotto la lente del ministro della Giustizia e del procuratore generale della Cassazione. Non del Quirinale, dunque. Mentre sarebbe forse tempo che un’iniziativa per riformare il Csm l’assumesse il Parlamento, che ormai ha tutti gli elementi per una riflessione ad hoc.