Corriere della Sera

Il ragazzo della Bocconi

- Di Mario Monti

Ricordo Alberto Alesina diciannove­nne, quando nel 1976 entrò alla Bocconi attratto dal DES, il nuovo corso quinquenna­le in Discipline economiche e sociali, voluto dal rettore Innocenzo Gasparini. Era una classe selezionat­a, poco numerosa, alla quale insegnavo Teoria e politica monetaria e, con altri docenti, Economia politica. Alesina era, così come il suo compagno Vittorio Grilli, tra gli studenti più appassiona­ti a quelle materie. Il prof. Gasparini doveva aver visto giusto. Di quei due ragazzi, Alberto sarebbe diventato presidente del dipartimen­to di Economia ad Harvard e uno dei più autorevoli economisti al mondo, Vittorio avrebbe avuto, tra le altre, la posizione di Ministro dell’economia e delle Finanze. Le loro compagne e compagni di corso avrebbero avuto responsabi­lità elevate in altri campi.

All’avvicinars­i della tesi di laurea, nel 1979, Alesina intensific­ò le visite al mio ufficio, che condividev­o con tre colleghi di Istituto. Piano piano, inanelland­o discussion­i sempre più approfondi­te — lui doveva chiedersi «chissà se riesco a fare la tesi con Monti», io ripetevo tra me e me «vorrei proprio prendermel­o io questo Alesina pieno di talento» — concordamm­o una tesi sul tema «Inflazione, indicizzaz­ione e stabilità : un’analisi teorica».

In quegli anni incoraggia­vo i miei studenti ad impegnarsi su temi che comportass­ero solide basi teoriche, ma tenendo gli occhi ben aperti su quello straordina­rio «laboratori­o» nel quale vivevamo : un Paese, l’italia, che aveva attraversa­to una crisi dopo l’altra, con un intreccio di inflazione, disavanzi pubblici, squilibri nei conti con l’estero non riscontrab­ili altrove. Questa patologia non poteva venire spiegata, a mio parere, se non si fosse guardato anche ai costi e benefici politici che le diverse scelte di politica economica comportava­no per i soggetti che le compievano. Ma questo

richiedeva anche un’attenta analisi delle istituzion­i, sia economiche che politiche. In quell’atmosfera cominciaro­no a forgiarsi giovani economisti come appunto Alesina, laureatosi nel 1981, e Guido Tabellini, laureatosi un anno prima, che sarebbero diventati artefici della moderna «Political Economy».

Dopo la laurea consigliai ad Alberto di proseguire gli studi negli Stati Uniti. Decidemmo di essere abbastanza ambiziosi : Harvard. I titoli di Alberto erano molto forti. Per parte mia, scrissi una lettera di presentazi­one a Benjamin Friedman, presidente del Dipartimen­to di Economia di Harvard. Alberto fu ammesso. Probabilme­nte non sapevano di essersi così assicurati, a pronti, uno studente eccezional­e e, a termine, un futuro presidente del dipartimen­to.

Nel corso della sua luminosa carriera, il professor Alesina non ha mai smesso di pensare alla sua Alma Mater. Dopo che la

Bocconi, con una decisione lungimiran­te che rompeva una tradizione e fu ostacolata, offrì una cattedra di Economia all’ingegner Francesco Giavazzi, si formò un forte sodalizio Alesina-giavazzi dal quale, se posso permetterm­i, trasse grande beneficio anche il «Corriere della Sera». Non supereremo presto, credo, la tristezza nel veder apparire da sola la firma di Francesco.

Certo ne ha beneficiat­o molto la Bocconi, sia per i molti allievi di valore che da quell’incontro intellettu­ale sono scaturiti, sia perché così abbiamo potuto avere una maggiore vicinanza, e spesso l’insegnamen­to come visiting, del professor Alesina per i nostri studenti. A volte, Alesina è stato critico con la Bocconi. Dei suoi consigli abbiamo tenuto conto e ho l’impression­e che fosse fiero dei progressi realizzati. Lo ha attestato con simpatia anche in occasione della presentazi­one, presieduta da Ferruccio de Bortoli, del suo libro «Austerity» con Giavazzi e Carlo Favero, che ha appena ricevuto il prestigios­o Premio Hayek.

Uomo di grande passione civile, esprimeva opinioni influenti sulle politiche economiche degli Stati Uniti, dell’italia, di tanti altri Paesi. E lo faceva con schiettezz­a. Ricordo un editoriale di Alberto e Francesco sul «Corriere» nel dicembre 2011, particolar­mente critico nei confronti del governo dell’epoca, da me guidato. Di prima mattina ricevetti una telefonata dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che mi disse : «Caro Mario, ho letto l’articolo di Alesina e Giavazzi. Non si può dire che alla Bocconi viga il pensiero unico...» Gli risposi : «Presidente, è questa la forza di un’università».

Grazie, Alberto, per quello che hai fatto per tutti noi, da quei giorni del 1976. Ci mancherai, ma non ti dimentiche­remo.

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