Il Vaticano allontana l’ex priore Enzo Bianchi dalla comunità di Bose
Le tappe
● Il Vaticano ha comunicato l’allontanamento dalla comunità di Bose del suo fondatore, Enzo Bianchi, monaco laico
● La decisione è stata presa, con l’avallo di papa Francesco, dopo un’indagine iniziata sei mesi fa con una «visita apostolica» di tre ispettori
● Secondo indiscrezioni, a Bose la vita della comunità era alterata dalle tensioni tra il «vecchio» e il «nuovo» governo, ovvero tra il fondatore Enzo Bianchi e Luciano Manicardi, in carica come priore dal gennaio 2017
● Enzo Bianchi dovrà trasferirsi altrove assieme a due confratelli e una consorella, anche se si dice non sia affatto convinto
● Per l’ex priore è comunque una decisione difficile e traumatica, considerato lo spessore di una personalità come Enzo Bianchi, del quale peraltro papa Francesco ha sempre avuto grande stima
● La comunità monastica di Bose attualmente è composta da circa novanta membri, tra fratelli e sorelle, di sei nazionalità differenti, quasi tutti laici, come accadeva all’origine della Storia cristiana
CITTÀ DEL VATICANO La scelta è arrivata dopo l’ispezione disposta sei mesi fa, una decisione clamorosa, nella storia della Chiesa italiana: Il Vaticano, con un decreto «approvato in forma specifica dal Papa», ha disposto di allontanare Enzo Bianchi dal monastero di Bose, la comunità che l’ex priore ha fondato in provincia di Biella a metà degli anni Sessanta.
Fratel Enzo Bianchi, 77 anni, è una delle voci più ascoltate del pensiero cristiano e tre anni fa aveva lasciato la guida della comunità: al suo posto, nel 2017, è stato eletto come nuovo priore fratel Luciano Manicardi. Qualcosa nel frattempo non ha funzionato, tra le nuove e le vecchie gerarchie, perché dal 6 dicembre 2019 il Vaticano aveva mandato a Bose una «visita apostolica», cioè degli ispettori, «nel momento di un passaggio che non può non essere delicato e per certi aspetti problematico per quanto riguarda l’esercizio dell’autorità, la gestione del governo e il clima fraterno».
Già la «visita apostolica» era il segno che la situazione era giunta al limite della rottura, troppe tensioni tra il nuovo governo della comunità e il suo fondatore. Si trattava di consentire al nuovo priore di guidare la comunità senza interferenze.
Le tensioni continuano, peraltro. Il decreto, firmato dal Segretario di Stato Pietro Parolin, porta la data del 13 maggio, la notizia è filtrata nelle ultime ore. E ieri sera la comunità ha diffuso un comunicato con nomi e cognomi perché «l’annunciato rifiuto dei provvedimenti da parte di alcuni destinatari ha determinato una situazione di confusione e disagio ulteriori».
Alcuni non vorrebbero andare via, insomma. Così la comunità precisa che il fondatore, due confratelli e una consorella, «Enzo Bianchi, Goffredo Boselli, Lino Breda e Antonella Casiraghi» dovranno «separarsi» da Bose e «trasferirsi in altro luogo, decadendo da tutti gli incarichi attualmente detenuti».
La comunità parla di «una situazione tesa e problematica per quanto riguarda l’esercizio dell’autorità del fondatore e il clima fraterno». Dice che era necessario «superare gravi disagi e incomprensioni» che «potrebbero indebolire o addirittura annullare» il ruolo di Bose. Nelle diocesi, quando un vescovo va in pensione si fa da parte. Solo che qui si tratta del fondatore: una decisione difficile e traumatica, considerato lo spessore di Enzo Bianchi, del quale peraltro papa Francesco ha sempre avuto grande stima.
A dicembre, saputo dell’ispezione, la comunità aveva scritto: «I fratelli e le sorelle di Bose esprimono sincera gratitudine al Santo Padre
Francesco per questo segno di vicinanza e di sollecitudine paterna, e accolgono con gioia questa opportunità preziosa di ascolto e di dialogo».
La nascita di Bose viene fatta risalire alla fine del 1965, alla conclusione del Concilio Vaticano II, quando Enzo Bianchi decise di andare ad abitare in quella frazione abbandonata del comune di Magnano, sulla Serra di Ivrea, con l’intenzione di dare inizio a una comunità monastica ispirata ai cristiani dei primi secoli, impegnata del dialogo ecumenico e aperta a tutte le confessioni e quindi anche alle donne. Oggi è composta da circa novanta membri, tra fratelli e sorelle, di sei nazionalità, quasi tutti laici.
L’indagine
Sei mesi fa la Santa Sede aveva mandato a Bose una «visita apostolica»: 3 ispettori
orto, atelier di ceramica e di icone, la falegnameria, una casa editrice — scandita dagli uffici quotidiani e dalla lectio divina, il dialogo ecumenico.
Non è stato facile. Ci volle un intervento del cardinale Michele Pellegrino per superare l’ «interdetto» del vescovo di Biella, nel ’67. «All’inizio, un ragazzo che si mette a vivere insieme con altri, in campagna, che fa una Liturgia delle Ore già da subito, destava dei sospetti soprattutto perché uno di noi era protestante», raccontava. L’amaro paradosso è che con Francesco pareva tutto superato, finalmente. «Noi abbiamo bisogno di questo cristianesimo semplice, quello che ci ha insegnato Gesù».
L’ultimo messaggio che ha lasciato su Twitter, due giorni fa, suona amaro: «Ciò che è decisivo per determinare il valore di una vita non è la quantità di cose che abbiamo realizzato ma l’amore che abbiamo vissuto in ciascuna delle nostre azioni: anche quando le cose che abbiamo realizzato finiranno l’amore resterà come loro traccia indelebile».