Corriere della Sera

Battaglia sulla Lombardia

La lettera di Conte: il mio piano in sette punti per la ripresa dopo l’emergenza

- Monica Guerzoni Fiorenza Sarzanini

In Lombardia restano potenzialm­ente infettivi 24 abitanti su 10 mila, la media italiana è 9,2. Domani si decide se la Lombardia resterà «chiusa».

Il 3 giugno si avvicina, con tutte le speranze e le paure che una data tanto attesa porta con sé. Quel giorno, stando al decreto legge che ha accompagna­to l’ultimo Dpcm del presidente Giuseppe Conte, cadrà la limitazion­e agli spostament­i tra regioni: sempre che i dati del monitoragg­io del ministero della Salute non impongano altre restrizion­i. La regione in bilico è ancora la Lombardia, l’unica che rischia davvero di non poter riaprire i suoi confini.

L’allarme degli esperti

Il sindaco di Milano, Beppe Sala, sente la pressione dei cittadini e del mondo produttivo e si appella al governo: «Non ce lo dicano il giorno prima se non si dovesse riaprire, cosa che non mi auguro. Non ce lo facciano cadere dall’alto ma ce lo spieghino, perché sì o no». La questione è da giorni sul tavolo del Comitato tecnico-scientific­o, che tra domani e venerdì dovrà fornire un parere per mettere il governo in condizione di assumere le decisioni politiche. Gli esperti del Cts sono molto preoccupat­i e orientati a frenare. «Attenzione, i rischi di questa corsa folle verso la normalità sono altissimi — ragionano gli scienziati —. Se la circolazio­ne riparte, la situazione ancora difficile di alcune regioni potrebbe estendersi anche a quelle con zero contagi». Il verdetto del comitato sulla base della curva epidemiolo­gica sarà quindi improntato alla massima cautela e conterrà tre condizioni per riaprire: un serio tracciamen­to dei contatti, una rigorosa sorveglian­za dei casi a rischio e la quarantena senza sconti per chi ha avuto contatti con persone positive.

Fontana incontra Boccia

Discorsi e misure che sono state al centro del colloquio a Palazzo Lombardia tra il presidente della Regione e il ministro delle Autonomie. Attilio Fontana e Francesco Boccia hanno diffuso una nota per dire quanto sia «importante non abbassare la guardia» nei confronti del virus, così da non vanificare gli sforzi compiuti dai lombardi e da tutti gli italiani. Quanto agli spostament­i extra-regionali, Fontana e Boccia prendono tempo: «È opportuno attendere il flusso dei dati fino a giovedì per effettuare valutazion­i più circostanz­iate».

Tanta prudenza si spiega con la paura di sbagliare su un tema così delicato, che rischia di innescare una battaglia po

litica tra governo e opposizion­i e tra una regione e l’altra. La Calabria, ad esempio, è a contagi zero e la presidente Jole Santelli spera che «sia il governo a chiudere in uscita», così che non tocchi ai governator­i ricomincia­re con i posti di blocco. Il nodo è questo e lo sa bene il ministro Boccia, che a dimartedì su La7 è andato dritto al punto: «Se decidiamo di riaprire perché il rischio è basso sarebbe sgradevole che una Regione, in autonomia, decidesse di dire no ai residenti di altre regioni. Siamo insieme, dobbiamo procedere uniti».

La strategia

La strategia del governo è assumere una decisione che valga per tutti, così da non provocare frenate né fughe in avanti. Il dibattito si annuncia complicato per cui ci sarà un incontro tra i governator­i e il ministro della Salute. Roberto Speranza è sollevato perché «i dati sono buoni» e non dispera di poter dare il via libera alla riapertura di tutti i confini: «Vedremo i dati del 30 maggio, riuniremo le Regioni e valuteremo». La sottosegre­taria Sandra Zampa teme gli effetti di quei «comportame­nti abbastanza diffusi» che hanno costretto il sindaco Sala a limitare la vendita di alcolici e si aspetta «da tutte le Regioni e in particolar­e dalla Lombardia un impegno straordina­rio nei controlli». Il passaggio chiave sarà la valutazion­e dei dati del monitoragg­io, che farà il ministro Speranza. «Se l’italia sarà tutta a basso rischio il 3 giugno si rimette in cammino — incrocia le dita Boccia —. Sempre con grande cautela».

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