L’indice di rischio a 2,4 e i dubbi sul via libera ai viaggi fuori regione
Restano potenzialmente infettivi 25 abitanti su 10 mila, la media italiana è 9,2. Ecco perché il trend positivo degli ultimi giorni non rassicura del tutto gli scienziati
MILANO Siamo tempestati di dati su contagi e guariti, percentuali di positivi e tamponi eseguiti, velocità di diffusione del virus con l’r0 e l’rt, andamento di curve epidemiologiche.
Di numeri incoraggianti per la Lombardia, e ben evidenziati nei bollettini quotidiani, ce ne sono diversi. L’incremento dei nuovi casi oggi avanza percentualmente sotto l’1% contro le punte del 30% di marzo, quando si sono registrati fino a 3.200 nuovi casi in un giorno (l’indice è sceso stabilmente sotto il 10% a fine marzo, e poi al 2-3% ad aprile). I nuovi ricoveri sono inferiori ai dimessi ormai dal 6 aprile (nell’ultima settimana viaggiano intorno al meno 1%), lo stesso avviene per le Terapie intensive (meno 5%). E anche il presidente dell’istituto superiore di Sanità Silvio Brusaferro è stato ottimista: «Netto trend in calo, segnale positivo» (l’ultimo Rt è 0,5). Sono dati importanti per sapere che il virus è sotto controllo e che non c’è più il rischio di default del sistema ospedaliero: se ci ammaliamo, in ospedale troviamo posto senza problemi.
Ma per decidere il «liberi tutti» sugli spostamenti può non bastare. I numeri della Lombardia che preoccupano sono quelli meno noti. Per capire perché è in ballo l’ipotesi che i suoi confini possano non essere riaperti dal 3 giugno — opzione che si spera di scongiurare — bisogna allora fare ancora uno sforzo. E guardare quelli che in gergo chiamano indice di rischio netto e indice di rischio potenziale. Sono rispettivamente i «nuovi contagi settimanali» e il «numero di malati complessivi» rispetto alla popolazione (su 10 mila abitanti). È anche su questi parametri che deve essere concentrata l’attenzione degli esperti per decidere il via libera ai movimenti extraregionali. Lo spiega l’epidemiologo Vittorio Demicheli che fa parte della cabina di regia del ministero della Salute in rappresentanza delle Regioni: «In base all’ultimo monitoraggio della scorsa settimana, la Lombardia ha 2,4 nuovi contagi a settimana ogni 10 mila abitanti. Il Veneto e la Toscana sono a 0,4, Sardegna e Sicilia a 0,1. In sintesi vuole dire che, vivendo in Lombardia, il rischio di sviluppare la malattia nel corso di una settimana è pari a 2,4 casi ogni 10 mila abitanti». In assoluto, inoltre, visti i 24.477 malati attuali (di ieri il calo più importante, meno 700), sono presenti e ancora potenzialmente infettivi 24 soggetti ogni 10 mila abitanti (erano 25 fino a lunedì), contro la media italiana del 9,2. «Sono dati che non possono essere ignorati e consigliano prudenza — sottolinea Demicheli —. In percentuale sulla popolazione le persone potenzialmente contagiose hanno ancora numeri significativi». È uno dei motivi per cui, come anticipato ieri dal Corriere, se dovessero esserci punti «critici» è possibile che si decida di ritardare l’apertura dei confini della Lombardia per una settimana o due. Insomma: solo con gli ultimi aggiornamenti di venerdì sapremo se i dati incoraggianti saranno considerati sufficienti per riaprire la regione più colpita dall’epidemia.
Stesse valutazioni potrebbero valere per il Piemonte con un indice di rischio netto di 1,7 e potenziale di 17,4.
L’epidemiologo Demicheli: «Sono dati che non possono essere ignorati, consigliano prudenza»