Focolai tra gli anziani, locali e piazze affollate «Il virus circola ancora»
Netto calo di decessi e ricoveri in terapia intensiva, ma gli infettivologi chiedono massima attenzione Nelle case di riposo il 35 per cento dei nuovi contagi
TORINO «Il 3 giugno riapriranno anche i confini del Piemonte», ripete Alberto Cirio. Ma il governatore, eletto un anno fa nelle liste di Forza Italia, è preoccupato. Nella sua testa ci sono le immagini della movida di sabato sera, in piazza Vittorio, a Torino, dove migliaia di giovani si sono dati appuntamento senza rispettare le distanze e indossare la mascherina. Lunedì, stesso luogo e altro assembramento, per il volo delle Frecce tricolori. «Modi di fare inaccettabili», tuona Cirio. Che teme possano vanificare il sacrificio di tutti. D’altra parte, il Piemonte resta la seconda regione più colpita dal coronavirus, dopo la Lombardia. I casi positivi da inizio epidemia sono 30.314. Al 1° marzo se ne contavano appena 49, esplosi fino ad arrivare a 9.301 il 30 di quel mese: un incremento del 18.880 per cento.
Aprile è stato il periodo più nero. In trenta giorni, i casi sono passati da 9.795 a 26.289, per un totale di ben 16.494. Numeri che hanno trasformato il Piemonte nel nuovo grande malato d’italia. Ma da inizio maggio, il numero giornaliero dei nuovi contagiati è calato di due terzi. E se si considera che al 1° maggio c’erano 26.684 casi e ieri 30.314, l’aumento è stato appena del 13,6 per cento. Dunque, sembra che la Regione stia guarendo, anche se i dati quotidiani sono ancora molto influenzati dal numero dei tamponi processati. Il Piemonte ne analizza in media 5.500 al giorno, eppure nel weekend ancora oggi si scende a tremila circa, con un conseguente ribasso dei positivi identificati. E allora vanno considerati altri dati. Come quello dei pazienti Covid-19 ricoverati in terapia intensiva. Il 31 marzo, l’unità di crisi ne contava 458, su 600 posti totali disponibili anche per malati con altre patologie. Un mese dopo sono scesi a 155 e ieri erano appena 70. Una tendenza analoga si osserva nei decessi. Il 28 marzo era stato il giorno più tragico, con 105 persone con tampone positivo scomparse, calate ieri a 14. Non è solo una questione di tamponi processati. L’infettivologo e componente della task force piemontese per la Fase 2, Giovanni Di Perri, spiega: «Se i numeri relativi ai contagi sono meno affidabili, perché comprendono anche gli asintomatici che riusciamo a scovare solo se sono contatti di positivi, quelli sui ricoveri in terapia intensiva e i decessi ci dicono quanto l’epidemia ha ancora effetti gravi o fatali. Lo stato attuale è molto favorevole». Ma, intanto, ci sono state riaperture più massicce, con i comportamenti poco virtuosi degli ultimi giorni, le cui conseguenze si vedranno a inizio giugno. E anche Di Perri pensa che l’attenzione debba rimanere massima: «Il virus ancora circola». Finora, il monitoraggio sulla Fase 2 di ministero della
Salute e Iss ha promosso il Piemonte. L’indice Rt, che misura la capacità di una malattia infettiva di essere trasmessa da una persona a un’altra, è di 0,39, lontano dalla soglia critica di 1. E l’impatto dell’epidemia sui servizi assistenziali è giudicato «basso».
Il governatore
Cirio teme gli effetti della movida ma resta ottimista: «Il 3 giugno riapriranno i confini»
Tuttavia, nelle Rsa continuano a esserci focolai. Tra 19 e 25 maggio, i nuovi contagi riscontrati nelle strutture per anziani, dove tra marzo e aprile ci sono stati almeno 397 decessi, rappresentano ancora il 35,5 per cento del totale.