Ore 19, scatta il «divieto d’asporto» Il limite per gli alcolici divide Milano
«Assurdo, troppe spese e saremo costretti a chiudere» I favorevoli: «Bene, così si responsabilizzano i clienti» Viaggio tra i giovani della movida: «Usciamo prima»
Èuna situazione che «come la fai la sbagli». L’ha ammesso lo stesso sindaco Beppe Sala ieri, spiegando la decisione presa lunedì per ridurre gli assembramenti serali a Milano: bar, locali, minimarket di prossimità, distributori automatici non possono più servire alcolici e superalcolici da asporto dopo le 19. Il divieto, chiarito nell’ordinanza firmata ieri, vale fino al 15 giugno. E riguarda anche i consumatori: dalle 19 alle 7 niente più bevande alcoliche in mano su aree pubbliche o private ad uso pubblico compresi parchi, giardini e ville. Pena, per avventori e titolari, una sanzione di 400 euro. Porta con sé polemiche, consensi, dubbi e contraddizioni la ricerca di un nuovo corso, che riammette aperitivo e drink serale, restituisce gran parte della libertà ai cittadini dopo il lungo lockdown, ma fa sedere la movida, relegandola ai tavoli dei locali (all’interno e nelle aree esterne in concessione).
La prima serata «disciplinata» cade di martedì: forse anche per questo la gente in giro non è molta. Per Christian Gazzoni, responsabile dell’«agua Sancta» in corso Garibaldi, però, la «tranquillità» di ieri sera riflette la «poca chiarezza del messaggio»: «A molti è parso un divieto di bere fuori casa dopo le 19». Lo stop all’asporto non inciderà sugli incassi del locale: «Anzi, potrebbe aiutarci nel weekend: venerdì sera la situazione qui era ingestibile. L’ordinanza ci ha fatto un piccolo favore: si creeranno meno assembramenti nella via per cui noi rischiamo di essere multati. E la gente sarà più propensa a sedersi ai tavoli». Stessa opinione espressa, sui Navigli, da Andrea Linguanti. Il suo «Luca e Andrea» sta facendo il 30-40 per cento di incassi: «È già un buon risultato, rispetto all’osteria, dove ieri sera abbiamo avuto due soli coperti. Il divieto di asporto responsabilizza il cliente». Mentre a poca distanza, su un corso Garibaldi pattugliato ieri sera da decine di agenti della polizia, Olimpia Di Matteo, proprietaria di «Cimmino 104» sta al capo opposto della polarizzazione che l’ordinanza di Sala ha generato: «Ci stiamo confrontando con gli altri titolari della zona: stiamo valutando di restare chiusi da domani (oggi, ndr)». Nonostante il locale (che ha ancora 16 dipendenti su 22 in cassa integrazione) abbia un ampio dehors. «Stiamo facendo il 50 per cento di incassi in meno rispetto al 2019, l’asporto ne costituisce il 90 per cento. All’aperitivo la gente si siede, ma in serata prende il cocktail e lo beve nella via. Ora non potrà più».
Sui Navigli, Jenny serve la birra al «Navigli Craft Beer» e tira giù la saracinesca alle 19: «Oggi il proprietario ha deciso così, in attesa di capire esattamente come dobbiamo comportarci per non incorrere in sanzioni». Sul muretto di fronte, Isabel e Stefano stanno bevendo la birra spillata poco fa: «La misura presa è fondamentale — dicono — perché occorreva diminuire gli assembramenti. Ci si adegua: ci siamo dati appuntamento alle 18 anziché alle 19». Si cerca il compromesso, insomma, che può virare facilmente al controsenso: «L’importante è comprarla appena prima delle sette, no?», dice Ada, che beve una birra ghiacciata con Luca e Sofia sulla Darsena. All’arco della Pace, Livia si è fermata col compagno davanti a «Taglialà» per prendere pizza e birra da consumare al parco «vista la bella giornata». Ma sono scattate le 19: se ne va con la sola pizza e un cambio di programma: «Ceneremo a casa». La decisione del sindaco Sala è contestata dalle opposizioni e dalle associazioni di categoria: «Come al solito rimangono escluse dai provvedimenti la grande distribuzione e le app di delivery», commenta Andrea Painini, presidente di Confesercenti Milano. «Perché colpire soltanto i locali e il commercio al dettaglio? Semplice: perché è più facile».