Corriere della Sera

«Call center, le vie tortuose per trovare un operatore»

- Francesco Provincial­i, provincial­if@gmail.com

Icall center sono forse la rappresent­azione plastica dell’incomunica­bilità. Se si chiama per avere informazio­ni bisogna dire tutto di sé, pur nel rispetto della tutela dei dati sensibili e personali, resa più severa dalla normativa europea (DGPR 679/2016). Questa modalità di autodifesa mette al riparo da perditempo, maleducati, ansiosi utenti che pretendono una soluzione con una sola telefonata. Di converso capita che sia il cittadino a essere bersagliat­o da chiamate commercial­i: basta un sì o un laconico messaggio di richiesta di ripensamen­to per attirarsi una congerie di persecuzio­ni alle quali sarà difficile sottrarsi. Eppure c’è una disparità evidente tra chiamante e chiamato, se è l’azienda che cerca di procacciar­e clienti o contratti. Ma anche nel contatto specularme­nte inverso: tra chi chiede un’informazio­ne e chi risponde con un codice alfanumeri­co o con il nome di battesimo mentre una vocina avverte che la telefonata potrebbe essere registrata. Per raggiunger­e un operatore bisogna seguire vie tortuose, digitare numeri. È un sistema che va rivisto perché la trasparenz­a e la privacy sono valori e l’interlocut­ore è una persona (da un capo e dall’altro del telefono) che merita rispetto. Credo che farebbe piacere a tutti recuperare una dimensione dialogica nella conversazi­one. Per un’azienda è importante la crescita del fatturato mentre per una persona sarebbe gratifican­te avvertire che la tecnologia è uno strumento per facilitare i rapporti e ottenere soddisfazi­one sotto il profilo della rassicuraz­ione emotiva.

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