L’ultimo incontro la sera prima che fosse ucciso dai terroristi
Èil tardo pomeriggio del 27 maggio 1980. Walter Tobagi è seduto nella mia stanza sul lato destro dell’antico divano del Settecento lombardo, che un tempo arredava la sala di ricevimento del giornale. Dobbiamo concordare e definire gli aspetti organizzativi ed amministrativi per il suo viaggio, l’indomani, a Venezia. È sempre piacevole intrattenersi con lui, scambiare qualche chiacchiera ed opinione sulla giornata.
Questa volta il tempo è limitato, perché in serata deve recarsi a Palazzo Serbelloni, sede del Circolo della Stampa, per partecipare al convegno «Far cronaca fra segreto professionale e segreto istruttorio», promosso dall’associazione lombarda dei giornalisti, di cui è presidente.
Ci congediamo con l’impegno di rivederci domani al termine della riunione quotidiana delle undici del direttore con i responsabili delle singole redazioni. Non avrei mai immaginato che non l’avrei più rivisto.
Mattina di mercoledì 28 maggio. Piove. Ancor oggi le immagini di quei momenti mi scorrono nitide davanti agli occhi. Nella Sala Albertini, in passato sala di ricevimento del giornale, sono riuniti il direttore Franco Di Bella, affiancato dal vice direttore Gaspare Barbellini Amidei e dal redattore capo centrale Pilogallo, e i responsabili delle redazioni; vi partecipo anch’io in quanto segretario di redazione.
Passanisi, capocronista, inizia informando che, forse in zona Porta Genova e forse per un regolamento di conti della malavita, è stata uccisa una persona. All’improvviso la sua comunicazione viene interrotta dal rumore forte di una delle due porte della sala che si spalanca e dal grido in lacrime di Fabio Mantica, all’epoca vice capocronista: «Hanno ammazzato Tobagi». Walter stava venendo al «Corriere» per ritirare i documenti di viaggio e partire per la città della laguna.
Un profondo silenzio cala sullo stanzone. Incredulità, sgomento, dolore, rabbia. Trascorsi pochi istanti, la riunione si scioglie e tutti si allontanano rapidamente per recarsi sul luogo del terribile assassinio, via Salaino, la strada vicina all’abitazione di Walter ed alla Chiesa di Santa Maria del Rosario.
Al giornale, io rimango solo tra un susseguirsi di flash di agenzie, squilli di telefoni, moltitudine di persone che a seguito della notizia accorrono al «Corriere». Sulla scrivania di Walter depongo addolorato un mazzo di rose rosse.
Più tardi, con una telefonata al quotidiano «la Repubblica» l’assassinio di Walter viene rivendicato dalla «Brigata XXVIII Marzo».