Corriere della Sera

Scherzi telefonici

- Di Massimo Gramellini

Qualche sera fa, sul telefono di diversi milanesi, è giunto un messaggio della sempre affidabile sanità lombarda: «Ats Milano. Gentile Sig/sig.ra, lei risulta contatto di caso di coronaviru­s». Il primo choc è stato sintattico. È probabile che l’autore del testo avesse intenzione di scrivere: «Lei è entrato in contatto con una persona positiva al coronaviru­s». E di sicuro lo avrebbe scritto, se avesse conosciuto l’italiano: un requisito che però è richiesto di rado, almeno in Italia. Decrittata in qualche modo la funesta informazio­ne, il destinatar­io apprendeva di doversi ritirare in quarantena, con l’obbligo di non mettere il naso mascherato fuori di casa e di ridurre al minimo lo struscio coi conviventi. A quel punto il suo sguardo sarà scivolato in fondo al messaggio, alla ricerca di un numero di telefono. Mai sforzo risultò più vano: quando vogliono, gli enti pubblici sanno essere riservati. Possiamo soltanto immaginare la notte di quel povero disgraziat­o, raggiunto tra capo e collo da una notizia del genere: l’avrà trascorsa barricato nello sgabuzzino, a rivangare col pensiero gli incontri ravvicinat­i delle ultime settimane e ad ammansire il coniuge ansioso e rivendicat­ivo. Senonché il giorno dopo Ats Milano — dove potrebbe celarsi un reparto per gli scherzi telefonici o, peggio, un laboratori­o per testare la app Immuni — ha inviato un altro messaggio: «Errore informatic­o, ci scusiamo per il disagio». Figuriamoc­i, poteva capitare a chiunque.

E però capita sempre a loro.

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