Corriere della Sera

Le liti della politica non sono l’italia Serve una tregua tra Nord e Sud

- di Beppe Severgnini

Una condizione d’incertezza cui avevamo finito per abituarci, a caro prezzo. Ma il coronaviru­s ha cambiato tutto. Ora bisogna fare presto, bisogna fare bene. E bisogna smettere di litigare.

Prendiamo il ritorno alla libertà di movimento tra regioni italiane, prevista dal 3 giugno. Una questione delicata: praticamen­te, politicame­nte, psicologic­amente. Stasera il rapporto sull’andamento epidemiolo­gico arriverà al ministero della Salute, subito dopo il governo prenderà una decisione sulla riapertura. Governator­i e sindaci, quindi, smettano di dichiarare, discutere e accapiglia­rsi: non possiamo permetterc­elo.

Ci è cascato perfino il sindaco di Milano, Beppe Sala, al quale viene riconosciu­ta, anche dagli avversari, l’assenza di cattiveria: una caratteris­tica insolita, in una politica dove il carburante è il rancore. Le sue perplessit­à davanti alla «patente di immunità» evocata da alcuni governator­i regionali sono comprensib­ili. Se, per andare in ferie, servisse un test sierologic­o con IGM negative e IGG positive, seguito da un tampone negativo per tutta la famiglia, la stagione turistica sarebbe finita prima ancora di iniziare.

È sembrato strano però sentir dire dal primo cittadino di Milano, irritato, al termine del video quotidiano: «Io però, quando deciderò dove andare in vacanza, me ne ricorderò...». Suona infatti come una minaccia, e contiene un errore. Se, come sembra, la sfogo era diretto ai governator­i di Sardegna e Sicilia, ha finito per preoccupar­e i sardi e i siciliani, che non hanno colpe. Si sono sentiti trattare come ingrati e temono un boicottagg­io immeritato. Per quelle due regioni, il turismo è vitale. Azzopparlo prima di riprendere il cammino sarebbe drammatico.

Lo stesso sindaco Sala, al Tg La7, ha poi corretto il tiro, ed è tornato a somigliare a se stesso e alla città che rappresent­a: «Qui abbiamo sempre accolto tutti da ogni parte d’italia, e in un momento in cui noi milanesi e lombardi siamo in difficoltà, sentirci trattare da untori non è bello». Una frase che riassume il dispiacere di tanti di noi, nelle ultime settimane. Le critiche (giustifica­te) ad alcune decisioni del servizio sanitario lombardo, e lo stupore (comprensib­ile) davanti alle uscite surreali dell’assessore Gallera, sono spesso diventate offese a Milano e alla Lombardia: ingiustifi­cate, incomprens­ibili. E crudeli.

Sulla riapertura deciderà il governo: durante il fine settimana, pare di capire. Come ha dichiarato ieri il ministro Francesco Boccia, e qualunque studente al primo anno di giurisprud­enza può confermare, una Regione non può ostacolare la libertà di circolazio­ne delle persone, garantita dall’art. 120 della Costituzio­ne. Il governator­e sardo Christian Solinas non può definirla «un’inutile litania neocentral­ista che vuole riaffermar­e una supremazia prepotente dello Stato rispetto alle Regioni». Perché non è vero, e un’affermazio­ne del genere contribuis­ce a separare quello che dobbiamo unire: l’italia.

Lo ha ricordato anche Antonio Scurati, sul Corriere: da questa situazione si esce solo insieme. La chiusura drammatica — il lockdown disciplina­to con cui abbiamo stupito il mondo — non può diventare un’apertura caotica. Né un’occasione per creare

Le polemiche

Ci è cascato anche il sindaco di Milano: me ne ricorderò, ha detto Se era diretto a Solinas ha finito per preoccupar­e però i sardi e i siciliani

Eletti ed elettori Le autorità tendono ad affermare principi, ruoli e competenze Ma i cittadini sanno cosa li unisce. Divisi possiamo fare poco, insieme molto

animosità. La «messa a terra» delle decisioni sulla fase 2 — per usare l’espression­e di Vittorio Colao — richiede rapidità, precisione e concordia. Senza quest’ultima, le prime due diventano impossibil­i.

Aggiungiam­o questo: molte risorse europee sono arrivate (acquisti di titoli di Stato da parte della Bce); altre sono in arrivo (Sure, Mes, Next Generation Fund). Ma con quegli interventi si esaurisce la forza d’urto della Ue: il resto dipenderà da noi. La macchinosi­tà italiana nell’usare i fondi europei è nota e documentat­a, e le Regioni sono correspons­abili di questo spreco. Pensino a questo, i governator­i, e a come rinforzare e modernizza­re i propri sistemi sanitari. Se la violenza dell’epidemia lombarda avesse toccato altre parti d’italia, come sarebbe andata a finire?

Ci sono tante cose da fare, in sostanza, meno una: litigare. Le discussion­i tra Nord e Sud, iniziate con l’unità d’italia e non ancora terminate, devono fermarsi: abbiamo bisogno di una tregua. La sensazione è che gli elettori se ne

rendano conto, gli eletti un po’ meno. Le autorità tendono ad affermare principi, ruoli e competenze; i cittadini, se non hanno chiuso il cuore e perso la memoria, sanno ciò che li unisce. Siamo una nazione tenuta insieme da parole e tagli di luce, palazzi e fontane, quadri scuri di artisti luminosi, canzoni ingenue, sole in spiaggia e calcio in television­e, acque che scendono da montagne ubique, vini apparentat­i, olio, pasta e prime colazioni. Insieme possiamo fare molto; divisi, molto poco.

In queste giornate affannate — fateci caso — i giudizi più sgradevoli sono commenti a distanza: da questo punto di vista, la pandemia ha cambiato poco. Chi conosce e condivide l’italia — famiglie, amori, amicizie, lavoro, esperienze — evita invece i luoghi comuni, perché sa che possono ferire. Moltissimi giovani meridional­i, che hanno studiato e lavorano nell’italia settentrio­nale, hanno portato nella discussion­e conoscenza e buon senso. Milioni di turisti settentrio­nali che scendono in vacanza al Sud avranno la possibilit­à di fare lo stesso.

Aspettiamo notizie sull’andamento epidemiolo­gico, rispettiam­o le decisioni del governo, restiamo calmi. E concediamo­ci una tregua. Potrebbe essere una bella estate. Ne avremmo bisogno.

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