Corriere della Sera

«Recovery fund, decidono gli Stati Aiuti a rate legati alle riforme»

Le spiegazion­i di Dombrovski­s e Gentiloni. Il Fondo per la transizion­e equa sale a 40 miliardi, per l’italia 2,1 miliardi Con il piano Ue diventiamo beneficiar­i netti degli aiuti

- Francesca Basso

Dopo i numeri, le regole. Il Recovery plan da 750 miliardi, di cui 500 miliardi in trasferime­nti a fondo perduto e 250 in prestiti servirà alla ripresa post coronaviru­s e a trasformar­e l’economia europea in linea con le priorità individuat­e da Bruxelles (green, digitale, inclusione sociale). Il cuore del piano è la Recovery and Resilience facility — 310 miliardi di trasferime­nti e 250 di prestiti — che come ha spiegato il commissari­o all’economia Paolo Gentiloni «non ha a che fare con condiziona­lità e intrusione di Bruxelles, è volontaria: gli Stati si assumono la responsabi­lità della propria crescita».

Il vice presidente della Commission­e Valdis Dombrovski­s ha chiarito che i fondi «arriverann­o in tranche legate agli obiettivi di riforma», come previsti dai Paesi nel loro Piano nazionale, che indicherà esattament­e la destinazio­ne dei fondi fino al 2024 e fisserà gli obiettivi da raggiunger­e. Se gli Stati membri non rispettano «le priorità stabilite dall’ue» e «non implementa­no gli obiettivi, perdono i soldi di una rata». Gentiloni ha spiegato che gli Stati che chiederann­o il sostegno del recovery fund «dovranno presentare il Piano nazionale di investimen­ti ad aprile ma possono anche presentarl­o a ottobre con la bozza del programma di stabilità per poter valutare il tutto rapidament­e, noi incoraggia­mo i governi a procedere così». Il Piano nazionale sarà valutato da un comitato di esponenti degli Stati membri, ma l’ultima parola spetta alla Commission­e. Quanto all’ipotesi che l’italia usi i soldi del Recovery plan per tagliare le tasse, Gentiloni ha risposto che «spetta a ciascun Paese stabilire le priorità, e alla Commission­e verificare che siano coerenti».

Se il negoziato, che avrà il primo momento di confronto nel Consiglio europeo del 19 giugno, non porterà a una riduzione delle cifre (ma la battaglia sarà molto dura), all’italia sono destinati 172,7 miliardi di euro, di cui 81,8 miliardi come aiuti a fondo perduto e 90,9 miliardi in prestiti. Con il Recovery plan l’italia da contributo­re netto al bilancio dell’ue, come è stata finora, diventa un beneficiar­io netto a differenza di Germania, Francia oppure Olanda. Secondo le stime calcolate da Silvia Merler, capo della ricerca del Policy Forum del fondo Algebris, «nell’ipotesi più pessimista in cui non ci sia un aumento delle risorse proprie Ue da qui al momento in cui si inizia a ripagare, cioè dal 2028, l’italia dovrà versare 54,7 miliardi in base alla propria quota nel bilancio Ue, che semplifica­ndo è pari al 13%.

Questo significa un trasferime­nto netto di circa 32 miliardi, ovvero il 2% del Pil, calcolando 87 miliardi di grants. Poiché stiamo guardando solo alla componente di grants, questo è in tutto e per tutto un trasferime­nto fiscale netto che riceviamo dall’ue». Un cambio rispetto al passato. «La posizione netta dell’italia nel bilancio Ue, cioè la differenza tra quanto versato e quanto ricevuto, negli ultimi anni è stata di circa 3,8 miliardi di contribuzi­one all’anno. Quindi il trasferime­nto netto che riceviamo è come se ci “restituiss­e” circa 8 anni di contributi netti versati nel bilancio Ue».

Ieri il vicepresid­ente Frans Timmermans ha anche illustrato la parte green del Recovery plan. Il Fondo per la transizion­e equa è salito da 7,5 a 40 miliardi, di cui 2,14 miliardi all’italia rispetto ai 364 milioni previsti a febbraio.

I grants

È come se Bruxelles ci «restituiss­e» circa 8 anni di contributi netti versati nel bilancio Ue

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