«La nautica italiana ostacolata dal Fisco»
l’iva sul charter nautico in linea con i criteri della Commissione europea. Regole che però comportano di fatto una differenza di applicazione dell’iva fino al 10% tra Italia e Francia. Quest’ultima ha infatti sospeso l’introduzione del nuovo regime europeo a causa della pandemia in modo da sostenere le proprie imprese di charter. Al contrario, l’agenzia delle Entrate si prepara ad applicare quelle regole dal 3 giugno.
«Il governo italiano ha chiesto deroghe alle regole europee per molti settori, specialmente per i trasporti — sottolinea il presidente di Confindustria Nautica, Saverio Cecchi — ma i ministri Roberto Gualtieri e Paola De Micheli hanno dimenticato il charter nautico, un settore che dà lavoro a 6 mila addetti diretti, oltre l’indotto, e che già sconta una perdita del 62% dei contratti della stagione. Silenzio assordante anche da parte del commissario europeo Gentiloni di fronte alla evidente distorsione del mercato. Invidiamo ai nostri cugini francesi l’attenzione che il
Yacht ormeggiati in un porto italiano: la Confindustria Nautica lancia l’allarme per le nuove regole fiscali e i protocolli legati al charter nautico impresa ha nel loro Paese. Non deve stupire se in poche ore già 200 delle nostre aziende del noleggio e della locazione si dichiarano pronte a spostare la sede legale in Costa Azzurra».
Una strategia confermata da Simone Morelli, consigliere di Confindustria Nautica e titolare della North Sardinia Sail, società con sedi in Sardegna e Toscana e operatività in tutta la Penisola: «Abbiamo fatto l’impossibile per preparare protocolli che consentissero alle nostre aziende di ripartire, ma tutto questo enorme lavoro viene gettato alle ortiche con un provvedimento che regala sciaguratamente la già poca clientela ai concorrenti francesi. Per sopravvivere siamo pronti a trasferire sedi legali in Costa Azzurra».
Oltre all’aspetto fiscale, peraltro, i protocolli del ministero delle Infrastrutture ai quali fa riferimento Morelli prevedono indicazioni almeno discutibili, come il divieto di dormire nella stessa cabina per due persone non conviventi: due fidanzati, un genitore separato con un figlio e così via. E se questo è il caso «di giornata», ce n’è uno — non meno grave — che coinvolge 23 porti turistici ai quali l’agenzia delle Entrate, secondo la denuncia di Confindustria Nautica, continua a chiedere i canoni arretrati relativi all’aumento retroattivo stabilito con la legge Finanziaria 2007 (governo Prodi). Prima il Consiglio di Stato e successivamente la Corte Costituzionale con sentenza numero 29 del 27 gennaio 2017 hanno di fatto escluso la retroattività degli aumenti. Ma l’agenzia delle Entrate pare non essersi adeguata, tanto da richiedere, nel caso di due porti in Emilia-romagna, la revoca della concessione per morosità.
È bene ricordare che la nautica è uno dei settori più pregiati della nostra industria, calcolato che oltre l’80% della produzione finisce sui mercati di tutto il mondo. Il Global Order Book elaborato da Boat International posiziona la nostra nautica al top mondiale per ordini di unità oltre i 24 metri, con 398 yacht in costruzione su un totale di 807 a livello globale. La quota italiana è di fatto la metà di questo mercato (il 49,3%) con una crescita del 3,6% su base annua. I primi tre cantieri del mondo dell’order Book sono italiani: Benetti-azimut, Ferretti e Sanlorenzo.
Nel suo complesso, il fatturato del settore è stato nel 2019 di quasi 5 miliardi di euro, con un incremento del 9,7% rispetto all’anno precedente e un apporto di oltre il 2% al Pil. Di fatto, con una filiera che impiega oltre 180 mila addetti, la nautica genera un valore aggiunto di 12 miliardi di euro. Per un settore che a causa della pandemia ha già lasciato sul campo il 13% del fatturato e alcune migliaia di posti di lavoro, l’accanimento del fisco è l’ultima beffa di Stato. Una beffa che penalizza migliaia di piccole e grandi imprese ma che ritorna come un boomerang avvelenato nelle casse dell’erario.