La frase sessista del senatore FI contro Azzolina
MILANO «La scuola ha bisogno di credibilità e di serietà. E la credibilità è come la verginità: è facile da perdere, difficile da mantenere, ma impossibile da recuperare, signor ministro». È con questa battuta da caserma che il senatore Giuseppe Moles, 53 anni, vice presidente del gruppo di Forza Italia a Palazzo Madama e docente universitario di Scienze della politica, si è rivolto ieri mattina alla ministra Lucia Azzolina durante il question time al Senato. Al centro del dibattito, il travagliatissimo decreto scuola che in queste settimane è stato bersaglio di critiche da parte dei sindacati, delle opposizioni, ma anche di una parte della maggioranza (Pd e Leu ), tanto che il governo ha deciso di mettere la fiducia.
Nulla di strano dunque che Moles abbia voluto prendere la parola per contestarlo. Ma un conto sono le critiche, anche aspre, altro le «frasi sessiste» con cui ha attaccato Azzolina, come gli hanno subito rimproverato i grillini intervenuti compatti in difesa della loro ministra, già sotto scorta per gli insulti e le minacce ricevuti a causa della vertenza sui concorsi per i precari. Anche Matteo Salvini, che ha parlato poco dopo Moles, ha espresso solidarietà alla ministra «per le minacce che le sono state rivolte, perché un conto è la critica politica e un altro sono la minaccia o l’insulto, che non hanno asilo né dentro quest’aula né fuori».
Moles dapprima si è difeso accusando i grillini di «avanzare isteriche ed inesistenti ipotesi di insulti sessisti». Ma man mano che passavano le ore, la polemica si è fatta più infuocata. Lapidario il tweet della ministra delle Pari Opportunità Elena Bonetti: «Il Senatore Moles onori l’aula che oggi ha fatto risuonare di parole sessiste e chieda scusa alla ministra. Che non sia la sua credibilità quella impossibile da recuperare».
Le scuse sono arrivate all’ora di pranzo: «Ho parlato con la ministra e le ho assicurato che mi riferivo alla scuola — ha detto Moles —. Ho aggiunto che le chiedevo scusa a prescindere. Lei mi ha detto che ha capito. Caso chiuso». E a riprova della sua buona fede ha spiegato che aveva già usato «la stessa frase non politically correct» anche nei confronti del premier Conte.
La ministra, intervistata dal Tg2 delle 20.30 sulle «frasi irriguardose» che le erano state rivolte, ha detto: «Bisogna capire come si vuole trattare la donna che sta in politica. Che gli insulti sessisti vengano dall’aula o dai docenti è brutto il messaggio che si dà alla popolazione e agli studenti. Che sia bullismo diretto o cyberbullismo, al Paese non fa bene».