Segregavano il figlio 11enne «Cattivo, andrai all’inferno»
OLBIA Segregato, picchiato dai genitori, bersagliato da una voce preregistrata che minacciava: «Sei cattivo, andrai all’inferno». Il bambino, 11 anni e un deficit cognitivo, un anno fa di notte ha chiamato il 112 e ha esordito: «Scusate il disturbo». Carcere preventivo e poi arresti domiciliari per i genitori, e ieri al processo la richiesta di una condanna esemplare: 12 anni per il papà, la mamma e per la zia, che aveva suggerito il metodo «educativo» per «correggere» il nipote. Lui teneva un diario segreto dove annotava le violenze subite; i carabinieri lo hanno trovato nello stanzino della villetta nelle campagne di Arzachena, a un passo dalla Costa Smeralda. «Volevo parlare con mia zia, ma ho dovuto chiamare voi perché dal cellulare che mi hanno lasciato si possono fare solo telefonate di emergenza». Nel suo diario l’elenco delle torture: picchiato con la pompa per innaffiare, rinchiuso e lasciato al buio su una branda senza materasso, un secchio per i bisogni. Quel sabato notte il padre, 47 anni, e la madre, 44, erano andati a una festa e lo avevano chiuso lasciandolo solo con la voce che gracchiava: «Andrai all’inferno». Sequestro di persona, maltrattamenti, minacce. Ordinanza cautelativa, carcere. Dopo qualche settimana le prime ammissioni, poi la confessione. La Procura di Tempio Pausania ha chiesto il giudizio immediato. Il processo (rito abbreviato), si concluderà il 22 giugno. Ieri la requisitoria dei pm Luciano Tarditi e Laura Baroni: nessuna indulgenza per la crudeltà.