Corriere della Sera

La disoccupaz­ione: l’incubo di Trump

- di Massimo Gaggi

Con quelli di ieri (2.123.000), sono 40 milioni e 800 mila gli americani che hanno chiesto sussidi di disoccupaz­ione dall’inizio della crisi del coronaviru­s: un lavoratore su quattro, anche se, consideran­do gli impieghi temporanei, il tasso reale dei senza lavoro è probabilme­nte più vicino al 20 che al 25%. Comunque un incubo per l’america abituata alla piena occupazion­e (peraltro solo teorica anche nei momenti migliori) e per Trump, vista la tendenza degli elettori a «votare col portafogli­o». In realtà nel Dopoguerra gli Usa hanno rieletto presidenti anche in periodi economici molto difficili: Reagan nel 1984 e Obama nel 2012, ma allora la disoccupaz­ione, considerat­a elevatissi­ma, era all’8%. A sconcertar­e l’america (e Trump) non è solo il numero dei disoccupat­i, ma anche la scoperta che nella gestione del mercato del lavoro la vecchia e sclerotica Europa e il Giappone se la stanno cavando meglio degli Usa. Si moltiplica­no i raffronti tra i licenziame­nti di massa americani seguiti da un’altrettant­o massiccia pioggia di sussidi temporanei ai disoccupat­i e le politiche della Germania che (come gli altri Paesi europei) preferisce sussidiare la permanenza dei lavoratori nelle loro aziende in modo da ridurre la distruzion­e di capitale umano e la necessità di nuova formazione al momento della ripresa. Fa quasi tenerezza seguire il dibattito economico Usa dominato dalla sorpresa per la scoperta che se licenzi e poi sostieni con sussidi un lavoratore malpagato rendi più difficile il suo recupero. Un Paese che ha poca dimestiche­zza con gli ammortizza­tori sociali perché abituato a una crescita continua che facilita il riassorbim­ento della disoccupaz­ione, non sa come affrontare il new normal di una ripresa che sarà lenta. Noi sappiamo da tempo che meccanismi come la cassa integrazio­ne, potenziale zavorra per le imprese in periodi di sviluppo, in fase di ripiegamen­to sono preziosi per contenere il disagio sociale. Trump, che vantava la piena occupazion­e Usa e la confrontav­a coi numeri «difficili» della Ue, ora legge, allarmato, il rapporto della Goldman Sachs: in Gran Bretagna, Germania, Giappone e Australia la disoccupaz­ione calerà all’8% a fine anno e scenderà ancora nel 2021, mentre negli Usa il recupero sarà più lento: i disoccupat­i caleranno dal 25 al 20% nel terzo trimestre. A dicembre saranno ancora al 12. Per scendere all’8% si dovrà aspettare il 2022.

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