IL VERO VALORE DELLA NOSTRA REPUBBLICA
«L’Italia è una Repubblica democratica». Inizia così l’articolo 1 della Costituzione. La Repubblica, però, è nata prima della nostra Carta fondamentale. Il momento fondativo della Repubblica è stato il 2 giugno 1946, quando il popolo fu chiamato a pronunciarsi, mediante referendum, sull’alternativa tra monarchia e repubblica, e scelse la seconda.
Nella stessa data si svolsero anche le elezioni per l’assemblea Costituente, che iniziò i suoi lavori il 25 giugno 1946 con il vincolo di rispettare la volontà popolare che si era espressa nel referendum.
Dunque, prima si decise tra monarchia e repubblica, e poi si scrisse la Costituzione […].
Si trattava della scelta più delicata e controversa di tutte le questioni istituzionali. Una scelta che divideva la popolazione e le stesse forze politiche: di qui la decisione di lasciare la parola al popolo italiano, che votò a suffragio universale, incluse le donne, ammesse per la prima volta ad una consultazione politica.
Nella seduta del 26 giugno 1946 il presidente dell’assemblea Costituente si limitò a prendere atto dell’esito della consultazione popolare, che «solennemente consacrava la forma di governo repubblicano, quale era stata prescelta dal popolo italiano, con atto della sua volontà sovrana» […].
Nel testo della Costituzione, la parola Repubblica costituisce l’alfa e l’omega, è contenuta nella prima e nell’ultima frase della Carta fondamentale, disegnando un arco ideale che abbraccia e unifica l’intera architettura costituzionale.
La forma repubblicana definisce il volto costituzionale dell’italia e per questo è considerata una scelta definitiva, irreversibile e intangibile: un «principio supremo» come ha affermato la Corte costituzionale.
Ma che cosa significa la parola Repubblica? Che cosa si intende per forma repubblicana?
Repubblica è un termine carico di storia e dotato di una grande ricchezza semantica. E la stessa Costituzione lo usa in una pluralità di significati.
Il primo e più circoscritto contenuto del concetto di repubblica ha a che fare con le caratteristiche del capo dello Stato, che è una carica elettiva e temporanea. In questa prima accezione, la repubblica è la forma di stato contrapposta alla monarchia, non solo nella recente storia d’italia, ma in molte comunità politiche, sin dall’antichità. Come si legge in apertura a Il principe di Machiavelli: «Tutti gli stati … sono o repubbliche o principati».
Tuttavia la Costituzione utilizza la parola Repubblica in un secondo e più ampio significato, che indica il complesso di tutti i pubblici poteri che compongono l’intero ordinamento: «La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato», si legge all’articolo 114 della Costituzione. C’è un elemento di coralità nella nozione di Repubblica accolta dalla Costituzione italiana. Per questo la partitura costituzionale è contrassegnata da spazi di autonomia, locale e funzionale, e punteggiata da procedure e raccordi di unificazione.
È a questo vario complesso di soggetti pubblici […] che la Costituzione affida il compito di realizzare un ampio spettro di obiettivi sociali, a partire da quelli enunciati nell’articolo 3 secondo comma: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana». Dal dibattito in Assemblea Costituente emerge che con la parola «Repubblica» si è ritenuto di designare «l’insieme di tutte le attività e funzioni sia dello Stato come tale, sia delle Regioni e degli altri enti pubblici».
Infine, in un senso ancora più ampio, la parola Repubblica indica l’intera comunità politica, comprensiva tanto dello Stato-persona quanto dello Stato-comunità. All’origine di ogni forma istituzionale organizzata si pone anzitutto una comunità sociale e politica, che di essa è elemento fondante. […]
È questo tipo di vita della comunità repubblicana che viene ritratta dalla Costituzione italiana, quando riconosce a ciascuno i diritti inviolabili, e al contempo chiede a ciascuno non solo il rispetto delle leggi, ma anche il dovere di fedeltà alla repubblica (articolo 54) e, soprattutto, chiede l’adempimento dei doveri di solidarietà politica economica e sociale (articolo 2).
Una Costituzione dove il popolo non è solo destinatario delle decisioni che riguardano la vita della comunità, ma ne è partecipe e artefice. Una Costituzione dove il popolo emerge in termini plurali: associazioni, minoranze linguistiche, confessioni religiose, famiglie, scuole e università, sindacati, partiti politici, cooperative, imprese sono tutti soggetti del tessuto sociale riconosciuti dalla Costituzione, che contribuiscono alla vita comune.
La vita della Repubblica che emerge dall’ordito della Costituzione somiglia molto a quella che Tocqueville descriveva nel suo viaggio in America: «un corpo sociale insonne, in fermento tanto nella vita politica come nella società civile, impegnato in un movimento continuo, in cui tutti gli uomini marciano insieme verso un unico scopo; ma non tutti sono tenuti a marciare sulla stessa via».
La Carta Nel testo della Costituzione la parola Repubblica costituisce l’alfa e l’omega, è nella prima e nell’ultima frase della carta fondamentale