La protesta incendia gli Usa
Sassi e bottiglie contro guardie armate di proiettili di gomma: 4 vittime
Scontri, saccheggi, incendi. Quattro morti nei tafferugli. Si allarga e diventa sempre più violenta la protesta in America per la morte di un afroamericano durante un arresto.
Auto incendiate, negozi saccheggiati, quattro morti nei tafferugli tra Minneapolis, Indianapolis, Detroit; la Guardia Nazionale che arriva a Los Angeles e trova palazzi in fiamme; cori che incitano i poliziotti neri a unirsi ai riots (a Times Square). E da parte della polizia, dura repressione. Agenti a cavallo travolgono i manifestanti (a Houston), elicotteri volano bassi per disperdere la folla (a New York), Suv della polizia caricano la gente (sempre a New York); lanci di lacrimogeni, spray al peperoncino e proiettili di gomma o vernice, centinaia di arresti. Proteste di giorno pacifiche — come a Denver, dove ci si sdraia per terra — di notte mutano decine di città americane in tante Gotham in mano alla collera dei Joker.
È stato ieri il sesto giorno di rivolta in almeno 75 città degli Stati Uniti per la morte di George Floyd, l’afroamericano soffocato martedì dal poliziotto Derek Chauvin, a Minneapolis. Chauvin è in carcere da venerdì, ma le rivolte non si placano. Anzi: se nei primi cortei la rabbia era solo dei movimenti antirazzisti, vi si è aggiunta quella della diseguaglianza sociale acuita dal lockdown, con 44 milioni di americani senza lavoro.
Molti sindaci — a Minneapolis, Los Angeles, Philadelphia, Seattle, tra le altre — hanno dichiarato il coprifuoco; dieci Stati hanno richiamato i riservisti della National Guard. Era dal 1968, quando a squassare il Paese erano le sommosse per l’uccisione di Martin Luther King, che non si mobilitava una risposta istituzionale così massiccia.
Alla repressione incita Donald Trump: in un tweet prometteva di sparare sui saccheggiatori e ora twitta che «antifa» sarà considerato un termine terrorista, che gli «anarchici radicali» saranno sedati dai «cani più feroci dei servizi segreti», e così via. Il sindaco di St. Paul (Missouri) chiede «pace, non pazienza», cioè pene per la polizia e non solo restaurazione.
Bersaglio bilaterale, i giornalisti. Venerdì un reporter Cnn è stato arrestato in diretta; una fotografa rimarrà cieca per un proiettile urticante; una reporter del Los Angeles Times denuncia che la polizia ha mirato ai giornalisti; e i manifestanti alla Casa Bianca hanno aggredito una troupe della Fox. Decine di video social documentano la repressione: come quello della morte di Floyd, girato da una passante, da cui tutto è partito.