Quaranta e l’ente che ha scritto la «lista nera»: ma l’ultima parola spetta agli Stati
Il bollettino dell’agenzia europea per la sicurezza aerea (Easa) che la Grecia ha utilizzato per introdurre misure di prevenzione nei confronti degli italiani è un documento di quattro pagine e un elenco delle aree «con un alto rischio di trasmissione del Covid-19». Nell’ultimo aggiornamento, il 14esimo, le zone italiane «attenzionate» — e i relativi aeroporti — sono quattro: Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-romagna. Un tempo, e parliamo di fine marzo, c’erano anche la Toscana e le Marche.
«Ma questa non è una black list, non prevede l’interdizione dei collegamenti da e per il Nord Italia», chiarisce al Corriere Alessio Quaranta, direttore generale del nostro Ente nazionale per l’aviazione civile (Enac) e membro del board direttivo dell’easa. «Quella lista nasce per raccogliere le informazioni provenienti dagli Stati e per indicare quelle che in un dato momento sono le zone più a rischio: tutto questo viene poi comunicato alle compagnie e agli aeroporti perché possano fare le loro valutazioni».
Il bollettino viene modificato ogni settimana, di pari passo con l’evoluzione della pandemia, ed è passato inosservato, complice il quasi azzeramento del trasporto aereo. «La sua compilazione è imparziale — dice Quaranta —, avviene in maniera autonoma, non è frutto della negoziazione con i Paesi». A occuparsene è un comitato tecnico apposito. Semmai è un documento che suggerisce, se si vuole, di aggiungere una ulteriore verifica dei passeggeri in arrivo da certe località.
Da Easa spiegano che l’inserimento o meno di una zona o di un aeroporto nella lista avviene soltanto attraverso l’analisi dei dati scientificostatistici e incrociando alcuni indicatori: il numero di casi attivi in rapporto alla popolazione, i guariti, la progressione quotidiana delle nuove infezioni, il tasso di letalità, il numero dei tamponi, l’incidenza sulle aree urbane e su quelle extraurbane, le dimensioni e il numero delle piste nei dintorni.
Nella «lista degli aeroporti situati nelle aree con un alto rischio di trasmissione» del Covid-19, efficace dal 29 maggio, non ci sono soltanto gli impianti delle quattro Regioni italiane, ma anche «tutti gli scali del Belgio», dell’île-defrance (tradotto: Parigi), Amsterdam, Madrid e Barcellona, Londra e Stoccolma. La Ger
mania (una parte), inserita ad aprile, è fuori dalla soglia di attenzione. Ci sono anche i «Paesi terzi» dall’afghanistan agli Usa.
«Sulla questione coronavirus la decisione di aprire o meno gli spazi aerei dipende dalle autorità sanitarie locali, non da quelle aeronautiche», sottolinea Quaranta. Anche perché, fa notare, l’elenco «non previene le triangolazioni»: uno può partire da Milano e arrivare agevolmente ad Atene facendo scalo in una zona non a rischio.