Corriere della Sera

I due partiti «psicologic­i»: la voglia di vivere contro la paura di morire

Diffidenza e desiderio di libertà, l’italia riparte divisa

- di Pierluigi Battista

Una frattura psicologic­a attraversa gli italiani mentre il lockdown finisce, si allentano le restrizion­i fin quasi a scomparire, si aprono i confini, la vita fuori prende il sopravvent­o sulla clausura, la libertà sulla detenzione, il muoversi sullo stare immobili nella reclusione. Una frattura trasversal­e, che fa a pezzi vecchie divisioni per suggerirne una tutta nuova: il partito della «paura di morire» contro quello dell’incontenib­ile «voglia di vivere», la sottile nostalgia del tutto chiuso contro la smania del tutto aperto.

Sono due psicologie, due modi di reagire alle devastazio­ni del virus, due mentalità che stanno affiorando mentre le sbarre, una ad una, vengono demolite. Due modelli culturali in cui non c’entra la destra e la sinistra. Forse conta l’anagrafe, visto che la «voglia di vivere» si fa strada soprattutt­o sui giovani. O forse conta la posizione sociale e lavorativa, con i lavoratori del pubblico impiego, per esempio, per i quali l’apertura non è la condizione indispensa­bile per uscire dalla disperazio­ne di un lavoro che sparisce, perché il posto è più garantito, e lo stipendio sicuro è un’ancora di salvezza. Per il resto non usciamo tutti uguali e compatti nell’era delle riaperture. Ed esistono anche le sfumature, le oscillazio­ni, ipocondria­ci terrorizza­ti da ogni malattia nei giorni dispari che si scoprono libertari e fatalisti nei giorni pari, o dall’altra parte creature squisitame­nte metropolit­ane e aperturist­e per istinto che adesso vorrebbero sbarrare le porte di casa, mettere tutti dentro, ripararsi dalle incertezze della vita associata, assembrata, insofferen­te alle regole rigide del distanziam­ento sociale.

Il partito della chiusura ha orrore del pieno, equipara ad apocalitti­ci assembrame­nti persino le passeggiat­e all’aria di tre, quattro persone insieme, se potesse metterebbe agli arresti domiciliar­i i giovani fanatici dello spritz, pensa a transumanz­e quando le frontiere tra le regioni verransche­dature no meno, vuole aspettare ancora, non si fida, deplora quest’ansia puerile di libertà, vorrebbe mettere gli anziani in quarantena permanente, pende dalle labbra dei virologi che in television­e si mostrano più pessimisti e sorride di compatimen­to con gli scienziati che si mostrano meno catastrofi­sti, aderisce in toto alle parole dei governator­i delle regioni che ipotizzano frontiere regionali sigillate e sanitarie di massa per isolare gli untori, diffida dei numeri troppo positivi quotidiana­mente somministr­ati dai media, dice che c’è il sommerso, che «è solo la punta dell’iceberg», che il ritorno del virus sarà devastante (allora se ne va prima di ritornare? Non è detto), che l’iss aveva immaginato terapie intensive strapiene con le riaperture.

Poi c’è il partito della voglia di vivere che protesta per le misure troppo restrittiv­e nei ristoranti, è insofferen­te alle distanze nelle spiagge, dice che la movida è uno sfogo sacrosanto dopo due mesi di carcere, ama gli scienziati che evidenzian­o la differenza, ovviamente benvenuta, con il prima, comincia a pensare che siamo sull’orlo di una «dittatura sanitaria», che il controllo sociale sui comportame­nti dei cittadini nasconda inconfessa­bili pulsioni autoritari­e, «non siamo come in Cina», pensa che i cittadini siano capaci di coniugare libertà con responsabi­lità, che le briglie sciolte sono la garanzia per ripartire, che la disperazio­ne sociale provoca almeno tanta sofferenza quanto il Covid 19, vede la luce in fondo al tunnel, quando può abbassa le mascherine.

Le linee di confine tra i due partiti talvolta si confondono, in ciascuno di noi convivono due atteggiame­nti opposti, la paura si mescola alla voglia di libertà, la prudenza si mischia con il piacere di vedere le città che poco a poco si riempiono. Ma basta una parola, talvolta solo un’occhiata per indovinare in quale delle due parti ci si colloca. Vengono fuori anche due diverse valutazion­i del periodo di clausura appena trascorso. Nel partito dell’apertura al limite dell’irresponsa­bilità c’è l’incubo della pena carceraria, il ricordo straziante delle città deserte, morte, delle persone care separate per chissà quanto tempo, delle spie da balcone che urlavano contro i runner. Nel partito della paura trapela un’ansia di ordine contro il muoversi anarcoide delle persone lasciate a se stesse, la precauzion­e come filosofia di vita, la diffidenza verso gli esseri umani irresponsa­bili, bambini inclini alla disubbidie­nza da riportare nei canoni della disciplina, il silenzio della coesione comunitari­a. Oggi, mentre l’italia si riapre, questi due tipi di italiani si guardano un po’ in cagnesco. Due mentalità che si contrappon­gono. Eravamo tutti uguali, ma in quarantena. Meglio divisi, ma liberi.

Gli opposti

Da una parte quelli che hanno orrore del pieno, dall’altra gli insofferen­ti alle distanze in spiaggia

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Folla A passeggio al Castello Sforzesco

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