La forza di un amore e di un sodalizio nel segno della libertà
Come in ogni favola che si rispetti si erano conosciuti a Parigi, nel 1958, quando lui viveva ancora ai margini della società e si guadagnava da vivere eseguendo ritratti, che poi firmava con il nome della propria famiglia, Javacheff. Ma il loro destino era in qualche modo già scritto visto che erano nati entrambi lo stesso giorno dello stesso anno: il 13 giugno 1935.
Lui (Christo Javacheff in arte Christo) a Gabrovo, in Bulgaria, dall’unione tra un’imprenditore e la segretaria dell’accademia di Belle Arti di Sofia; lei (Jeanne-claude Denat de Guillebon o solo Jeanne-claude) a Casablanca, Marocco, da una famiglia di militari francesi. Tutta colpa di un ritratto della madre che la giovane Jeanne-claude aveva chiesto proprio a Christo, anche se la loro relazione sarebbe iniziata solo più tardi, quando Jeanne-claude lascia il marito, Philippe Planchon subito dopo la luna di miele, quando si rende conto di essere incinta di Christo, il quale (a sua volta) frequentava la sorella di Jeanne-claude, Joyce.
Due mondi lontanissimi che da quel momento sarebbero diventati indissolubili. A non volere essere troppo sdolcinati, più che una coppia un vero marchio di fabbrica dell’arte contemporanea, cimentato da un’amore comunque profondissimo. Tanto che quando Jeanne-claude morirà a New York, il 18 dicembre 2009, lui (sia pure stravolto) assicurerà: «Lei è sempre qui con me, vive con me, nei nostri lavori». Perché Jeanne-claude è parte integrante (e fondamentale) dell’universo di Christo e del suo modo di fare arte. Perché se lui è l’artista quello che ha l’idea, lei è quella che pianifica e che organizza il suo progetto. E l’arte per loro è, prima di tutto, impacchettare paesaggi, strutture, edifici. Firmando tutto insieme. Sin dalla loro prima opera: Stacked Oil Barrels and Dockside Package, nel porto di Colonia, teli, corde e rotoli di carta che impacchettano barili di petrolio.
Christo e Jeanne-claude, oltre ad occuparsi di ogni aspetto progettuale delle proprie creazioni, si calano a pieno nella realtà in cui vanno ad operare: contrattano permessi, indicono riunioni e animano discussioni con i consigli di quartiere e con gli abitanti del luogo. Ed è soprattutto questo il compito di Jeanne-claude («Le opere destinate al pubblico sono firmate da Christo e Jeanne-claude, i disegni da Christo»).
Come una vera coppia reale, viaggiavano sempre su due aerei separati. Così se uno fosse precipitato, l’altro sarebbe rimasto in vita per portare a termine il loro lavoro artistico, la missione nella quale avevano scommesso tutto. E sempre insieme Christo e Jeanne-claude sarebbero diventati tra
Destini
Inseparabili, erano nati lo stesso giorno, il 13 giugno 1935. Più che una coppia, un marchio di fabbrica
gli artisti più conosciuti e indecifrabili del nostro tempo, riuscendo sempre e comunque a sostenersi autonomamente, pur mantenendo ognuno la propria libertà di azione.
La scomparsa di Jeanne-claude aveva lasciato un vuoto nel cuore di Christo che avrebbe solo in parte compensato quel suo vuoto con la realizzazione, nel 2016, di un progetto che aveva come sempre concepito insieme a lei: Floating Piers, lo splendido ponte dorato sul Lago d’iseo.
E ancora una volta, per l’ultima volta, Parigi è tornata ancora nel destino di Christo e Jeanne-claude. Il prossimo appuntamento, il primo senza nessuno dei due, coinvolgerà la Ville Lumière: l’appuntamento è fissato dal 18 settembre al 3 ottobre 2021, quando verrà impacchettato l’arco di Trionfo, che verrà avvolto con 25 mila metri quadrati di tessuto. Mentre una mostra del Centre Pompidou accompagnerà l’evento, raccontando di quella storia, di amore e lotta, che ha portato Jeanne-claude e Christo a fare del mondo intero il proprio atelier.