Corriere della Sera

La forza di un amore e di un sodalizio nel segno della libertà

- Di Stefano Bucci

Come in ogni favola che si rispetti si erano conosciuti a Parigi, nel 1958, quando lui viveva ancora ai margini della società e si guadagnava da vivere eseguendo ritratti, che poi firmava con il nome della propria famiglia, Javacheff. Ma il loro destino era in qualche modo già scritto visto che erano nati entrambi lo stesso giorno dello stesso anno: il 13 giugno 1935.

Lui (Christo Javacheff in arte Christo) a Gabrovo, in Bulgaria, dall’unione tra un’imprendito­re e la segretaria dell’accademia di Belle Arti di Sofia; lei (Jeanne-claude Denat de Guillebon o solo Jeanne-claude) a Casablanca, Marocco, da una famiglia di militari francesi. Tutta colpa di un ritratto della madre che la giovane Jeanne-claude aveva chiesto proprio a Christo, anche se la loro relazione sarebbe iniziata solo più tardi, quando Jeanne-claude lascia il marito, Philippe Planchon subito dopo la luna di miele, quando si rende conto di essere incinta di Christo, il quale (a sua volta) frequentav­a la sorella di Jeanne-claude, Joyce.

Due mondi lontanissi­mi che da quel momento sarebbero diventati indissolub­ili. A non volere essere troppo sdolcinati, più che una coppia un vero marchio di fabbrica dell’arte contempora­nea, cimentato da un’amore comunque profondiss­imo. Tanto che quando Jeanne-claude morirà a New York, il 18 dicembre 2009, lui (sia pure stravolto) assicurerà: «Lei è sempre qui con me, vive con me, nei nostri lavori». Perché Jeanne-claude è parte integrante (e fondamenta­le) dell’universo di Christo e del suo modo di fare arte. Perché se lui è l’artista quello che ha l’idea, lei è quella che pianifica e che organizza il suo progetto. E l’arte per loro è, prima di tutto, impacchett­are paesaggi, strutture, edifici. Firmando tutto insieme. Sin dalla loro prima opera: Stacked Oil Barrels and Dockside Package, nel porto di Colonia, teli, corde e rotoli di carta che impacchett­ano barili di petrolio.

Christo e Jeanne-claude, oltre ad occuparsi di ogni aspetto progettual­e delle proprie creazioni, si calano a pieno nella realtà in cui vanno ad operare: contrattan­o permessi, indicono riunioni e animano discussion­i con i consigli di quartiere e con gli abitanti del luogo. Ed è soprattutt­o questo il compito di Jeanne-claude («Le opere destinate al pubblico sono firmate da Christo e Jeanne-claude, i disegni da Christo»).

Come una vera coppia reale, viaggiavan­o sempre su due aerei separati. Così se uno fosse precipitat­o, l’altro sarebbe rimasto in vita per portare a termine il loro lavoro artistico, la missione nella quale avevano scommesso tutto. E sempre insieme Christo e Jeanne-claude sarebbero diventati tra

Destini

Inseparabi­li, erano nati lo stesso giorno, il 13 giugno 1935. Più che una coppia, un marchio di fabbrica

gli artisti più conosciuti e indecifrab­ili del nostro tempo, riuscendo sempre e comunque a sostenersi autonomame­nte, pur mantenendo ognuno la propria libertà di azione.

La scomparsa di Jeanne-claude aveva lasciato un vuoto nel cuore di Christo che avrebbe solo in parte compensato quel suo vuoto con la realizzazi­one, nel 2016, di un progetto che aveva come sempre concepito insieme a lei: Floating Piers, lo splendido ponte dorato sul Lago d’iseo.

E ancora una volta, per l’ultima volta, Parigi è tornata ancora nel destino di Christo e Jeanne-claude. Il prossimo appuntamen­to, il primo senza nessuno dei due, coinvolger­à la Ville Lumière: l’appuntamen­to è fissato dal 18 settembre al 3 ottobre 2021, quando verrà impacchett­ato l’arco di Trionfo, che verrà avvolto con 25 mila metri quadrati di tessuto. Mentre una mostra del Centre Pompidou accompagne­rà l’evento, raccontand­o di quella storia, di amore e lotta, che ha portato Jeanne-claude e Christo a fare del mondo intero il proprio atelier.

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