Corriere della Sera

La sfida (vinta) di Zoro

«Propaganda Live», cresce l’audience per lo show di La7 Diego Bianchi: abbiamo imparato a dosare elementi seri e leggeri Ci stanno copiando le sagome Corrado Guzzanti? Un vero regalo

- Stefania Ulivi

La scelta più ovvia sarebbe stata interrompe­re. Come accaduto ad altre trasmissio­ni in diretta con pubblico in studio e musica dal vivo. «Invece abbiamo deciso subito di andare avanti adattandoc­i alle circostanz­e, nel rispetto delle norme di sicurezza». Ovvero presenze in studio ridotte all’osso, mascherine, distanziam­ento, ospiti in remoto. E una platea piena di sagome cartonate. Mancano due puntate alla fine di Propaganda Live su La7 (il 12 giugno) e Diego «Zoro» Bianchi, riflette su una stagione delicata, «pesante per tanti motivi, anche personali. Non ultimo la perdita di Ezio Bosso, un amico oltre che amico del programma, ci è rimasto addosso».

La migliore stagione di sempre in termini di ascolti: oltre il 6% di share, con picchi del 7,5% da marzo a oggi. Valeva la pena di non fermarsi, in effetti. «La nostra storia è costellata di situazioni in cui abbiamo fatto di necessità virtù e di sfide che abbiamo preso con responsabi­lità e adrenalina. Ci scambiano per comitiva di persone che fanno solo ridere, ma già alla seconda o terza puntata di Gazebo — il programma nato nel 2013 su Raitre, ndr — ci trovammo a stravolger­e la scaletta dopo la notizia del naufragio e i morti di Lampedusa». È capitato spesso: con l’attentato a Charlie Hebdo, il Bataclan, il terremoto del 2016, solo per fare alcuni esempi.

Nella scorsa puntata c’è stato un ospite speciale, Ben Harper, a portare l’attualità in studio, l’ondata di proteste seguita all’uccisione di George Floyd a Minneapoli­s. «L’avevamo invitato per presentare il suo ultimo pezzo, dedicato agli invisibili, tema già di per sé caldo. Lui dice che stiamo tornano indietro di anni, la questione razziale in Usa è un cancro del sistema». Mescolare i registri è una delle specialità della casa, ricorda Bianchi. «Trovare il lato satirico e comico anche per i temi più duri. Con l’emergenza Covid19 c’era un’esigenza informativ­a altissima, ma anche di alleggerir­e il racconto ossessiona­nte, senza ovviamente perdere di vista che si stesse andando in onda con le notizie, terribili, dei tantissimi morti».

Anche l’assenza di uno dei protagonis­ti della trasmissio­ne è diventata un’occasione. «La mancanza di pubblico in studio per un programma che si chiama Propaganda Live è una maledizion­e. Avevamo già usato le sagome per il tormentone “da dove riparte la sinistra” con i potenziali leader, da Pamela Anderson a Baglioni. Le abbiamo rilanciate. Personaggi di ultra-nicchia e nazionalpo­polari, a ogni puntata ne cambiamo una ventina. Sono circa trecento, a fine stagione forse faremo un’asta, chissà. Abbiamo notato che la cosa ha preso piede, dalle messe agli stadi della Bundesliga». Per la ripartenza si spera non servano più. «Contiamo torni il pubblico. Ma qualche soluzione, come i concerti dal vivo nel piazzale davanti alle porte dello studio, Diodato, Daniele Silvestri, Rancore, penso che li manterremo».

Di questa stagione restano anche ospiti normalment­e allergici alla tv. «Abbiamo una squadra già competitiv­a — Makkox, Damilano, Francesca Schianchi, Paolo Celata, Constanze Reuscher, la band, lo stesso Andrea Salerno —. Zerocalcar­e è diventato presenza fissa con Rebibbia quarantine che non sapevamo sarebbe diventata una serie. Valerio Mastandrea con i siparietti #restiacasa con Chiara Martegiani. E abbiamo avuto il regalo del ritorno di Corrado Guzzanti, con Lorenzo cresciuto e Vulvia. Vai a sapere che la ministra Azzolina si sarebbe avventurat­a sugli imbuti, era una palla alzata».

Anche durante la pandemia, d’altronde, i politici hanno continuato a offrire materia utile per la Top Ten dei social network. In quanto a lui, ha riportato alla luce Tolleranza Zoro. «Il mio lavoro era legato a viaggi e reportage ma avrei rischiato di ammalarmi e fermare il programma. Perciò l’ho ritirato, dopo sette anni, dalla prima puntata di Gazebo. Con la convivenza forzata con i due alter ego, uno da Milano, uno da Parigi, per giocare sul mio lato più satirico, e attoriale. E dire la mia». La cosa più toccante? «I messaggi che ci arrivavano dall’estero, in particolar­e dai migranti siriani di cui avevamo seguito i destini in questi anni che volevano essere certi che stessimo bene».

 ??  ?? In studio Diego Bianchi, in arte Zoro, nello studio di La7 con le sagome al posto del pubblico: «A ogni puntata ne cambiamo una ventina»
In studio Diego Bianchi, in arte Zoro, nello studio di La7 con le sagome al posto del pubblico: «A ogni puntata ne cambiamo una ventina»

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