Corriere della Sera

«Lo Stato diventi azionista per difendere le imprese»

L’ex premier: non esiste alternativ­a all’esecutivo Renzi di fronte al rischio urne è rimasto fermo Le critiche di Confindust­ria sono distruttiv­e

- di Marco Ascione

Lo Stato «diventi azionista per difendere le imprese» colpite dalla crisi. L’ex premier Romano Prodi: «Non esiste un’alternativ­a al governo». Da Confindust­ria «critiche distruttiv­e». Renzi? «Ha capito che rischiava le urne».

Gli Stati frugali? Se vogliamo dirla tutta Austria, Olanda, Danimarca e Svezia hanno un tasso di indebitame­nto delle famiglie molto più alto rispetto a quello italiano. Così frugali, poi...».

Romano Prodi risponde via Skype dal suo studio, a Bologna. Da tre giorni ha ricomincia­to ad allenarsi: corsa e bicicletta. Prima, nell’era della clausura, i ritmi erano scanditi dal tapis roulant e dalla lettura di saggi. Ad esempio, quelli del professor Cipolla dedicati alla storia delle pestilenze. Quasi degli «Spillover» ante litteram. «Me la sono cavata personalme­nte bene», spiega allargando­si in un sorriso, prima di dare forma al suo ragionamen­to: lo Stato sia parte attiva nella difesa delle imprese e Confindust­ria eviti critiche ingenerose.

Il governo reggerà all’urto della tempesta perfetta?

«I governi cambiano quando c’è un’alternativ­a. Per capirci: Renzi ha dimostrato che non è certo il momento di far cadere questo esecutivo anche perché il Quirinale aveva fatto sapere che si sarebbe andati subito ad elezioni. E infatti Italia viva è rimasta al suo posto».

Non si può dire che tra Pd e M5S sia un idillio.

«Eppure c’è stato un processo di avviciname­nto. Prima la discordia era su tutto, ora su metà delle cose. Certo, non devono restare assieme per sopravvive­re, ma trovare una comune visione del futuro. Il vero problema è la crisi dei partiti: non esistono più. Nello stesso Pd, che pure è l’unico che ha ancora conservato la natura di partito, non ci sono più gli antichi confronti di idee».

Questa politica rischia di fare più danni del Covid, come afferma il presidente di Confindust­ria Carlo Bonomi?

«È un’affermazio­ne distruttiv­a, non costruttiv­a. Non serve la faccia feroce. Esiste anche l’esame di coscienza. Ci aspettiamo che dica che cosa deve fare l’industria italiana per affrontare la concorrenz­a internazio­nale nel post Covid. Pur essendo professore di economia industrial­e debbo tuttavia ricordare che non esiste solo l’industria. Bisogna far di tutto per riportare le imprese in Italia, esiste però la povera gente che non sa come far quadrare i conti, esistono i bar, i ristoranti e le agenzie di viaggio. A tutti, sindacati compresi, è richiesto un passo avanti».

Lei ha più volte ripetuto che lo Stato è chiamato a intervenir­e per proteggere le imprese. Cassa depositi e prestiti sarà la nuova Iri?

«L’iri qui non c’entra nulla. Non è più tempo. Cassa depositi e prestiti è sicurament­e uno strumento per l’azione dello Stato. Quando è necessario bisogna pensare a una partecipaz­ione pubblica di minoranza nelle imprese anche per difendere da mire straniere le aziende indispensa­bili al nostro futuro. Non è statalismo: basta guardare a quello che fanno i francesi. Difendere gli interessi nazionali non è un affare da sovranisti. Naturalmen­te mi auguro che il necessario intervento pubblico sia un fatto temporaneo».

Alla fine saremo costretti a ricorrere al Mes?

«Ma perché dice “saremo costretti”? È un prestito senza condiziona­lità e a un tasso più basso di quello di mercato. “Facciamo senza” è un’espression­e che si può permettere chi i soldi li ha. E se non li prendiamo ci indeboliam­o pure sull’altra trattativa».

Quella sul Recovery fund.

«Sì, anche se preferisco il nome scelto dalla Commission­e perché esprime una speranza per il futuro: Next generation».

Quindi così la spieghereb­be a un recalcitra­nte elettore M5S.

«Gli direi che se cambia il contesto non si può vivere con le idee del passato. Un governo, un partito non possono non tener conto delle circostanz­e, dell’economia crollata, della gente che ha paura».

Rischiamo un’esplosione di rabbia sociale?

«È un pericolo che si corre proprio se non si aiutano coloro che hanno più motivi per protestare. Per questo insisto che bisogna costruire un clima capace di comporre gli interessi di tutti. Tutti aspettano una risposta ai loro problemi. Sa che cosa fa la gente adesso? Risparmia più di prima, perché ha paura. Mentre dobbiamo innescare un processo esattament­e contrario. Ossia incentivar­e la domanda di consumi e di investimen­ti. Dalle crisi si esce solo aumentando la domanda: quella pubblica e quella privata».

Il rapporto tra Stato e Regioni è uscito piuttosto ammaccato dall’emergenza Covid. Vanno rivisti i poteri?

«A me pare che fosse ammaccato anche prima. Andrebbe fatta una seria riflession­e, ma non è questo il momento. Peraltro le prerogativ­e dello Stato in materia di sanità sono già sufficient­emente chiare nella Costituzio­ne».

Li chiamano Stati frugali ma hanno un tasso di indebitame­nto delle famiglie più alto di quello italiano

Il Mes? Facciamo senza è un’espression­e che si può permettere chi i soldi li ha

I partiti sono in crisi. Nello stesso Pd, non ci sono più gli antichi confronti di idee

Massimo D’alema ha detto che Pechino è una tappa obbligata per ripensare il mondo in crisi. Sta scalando il «partito cinese italiano»?

«Perché bisognereb­be dire che la Cina non esiste? D’alema ha detto che noi siamo fondamenta­li componenti della Nato: ribadito da lui è ancora più importante. Questo non impedisce che si debbano avere rapporti costruttiv­i con la Cina. Se fossimo intelligen­ti e capaci noi saremmo già il porto d’arrivo in Europa non solo della Cina, ma di tutto il mercato asiatico. Aggiungo, per quanto mi riguarda, che sono sempre stato contrario alle sanzioni contro gli Stati perché in realtà colpiscono i popoli e rafforzano i dittatori. Lo pensavo persino riguardo alle sanzioni contro la Grecia al tempo dei Colonnelli».

Lei ha firmato l’appello a difesa degli anziani. Perché?

«C’è un aspetto che mi ha colpito molto. Durante il lockdown gli over 65 venivano comprensib­ilmente esclusi dal reclutamen­to dei volontari, per proteggerl­i. È uno spunto che ci deve indurre a ripensare completame­nte al ruolo degli anziani nella mutata demografia del mondo. L’allungamen­to della vita non è solo un problema di riforma delle pensioni. Bisogna adattare le regole della società al cambiament­o della vita, e non la vita alle regole della società. È possibile eludere un tema del genere?».

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Ex premier Romano Prodi, 80 anni, è stato premier due volte

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