«Dividersi è inaccettabile»
Mattarella: l’italia sia unita per un nuovo inizio, non va disperso il sacrificio di tanti
È un 2 Giugno diverso quello che si celebra oggi con le mascherine sul viso e i tanti lutti e sofferenze che questo coronavirus ci sta lasciando impresse come una cicatrice che non si potrà mai cancellare. Un «incubo globale», lo ha definito il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che dobbiamo superare con la «volontà di un nuovo inizio». E la ripartenza, civile ed economica — ricorda ancora il capo dello Stato — deve avvenire vedendoci tutti insieme, «come riuscimmo a fare con la nascita della Repubblica nel 1946».
Quando comincia a parlare il centrodestra sta preparando la manifestazione di oggi a Roma contro il governo, mentre su social media, giornali e tv, quasi tutti (dai partiti alle regioni a tanti opinion leader) sembrano contagiati dalla rincorsa di accuse e polemiche che vanno in scena da settimane. Un incubo, più o meno così dev’essere per Sergio Mattarella, che rischia di sovrapporsi al ben più doloroso «incubo globale» provocato dal coronavirus.
È per questo che, alla vigilia di un 2 giugno molto diverso dal solito, dominato dal lutto e dalle difficoltà dell’economia, sente l’urgenza di incitare gli italiani, dopo averli ringraziati per come hanno affrontato la crisi ed essersi dichiarato «fiero del mio Paese», a trovare insieme «la volontà di un nuovo inizio». Da marzo, è la sesta volta che lo fa. Ora però mette in fila, articolandole, un paio di precondizioni che nelle sue aspettative non dovrebbero essere eluse. 1) Non si usi l’arma della pandemia per farci reciprocamente la guerra. 2) Non si parli di «democrazia sospesa» se, una tantum, viene chiesto a «tutti coloro che hanno una responsabilità istituzionale» di trovare le ragioni di uno sforzo comune, perché adesso è in gioco un bene indisponibile: «L’unità del Paese».
Ecco il cuore politico del messaggio che il capo dello Stato indirizza alla Nazione nel giorno del compleanno
Le sofferenze Siamo tutti chiamati a un impegno comune Le sofferenze provocate dalla malattia non vanno brandite gli uni contro gli altri
La dialettica Non si tratta di immaginare di sospendere o annullare la normale dialettica politica. La democrazia vive di confronto
della Repubblica. Un ragionamento proiettato su un futuro pieno di incognite, ma che àncora allo stesso animus dimostrato dagli italiani nel 1946, quando riuscirono a «superare le divisioni che avevano lacerato il Paese... convergendo nella condivisione di valori e principi su cui fondammo la nostra democrazia».
Oggi come allora, dice il presidente, parlando in solitudine dai giardini del Quirinale, ci siamo scoperti «stretti tra il dolore per la tragedia che ci è toccato vivere e la volontà di un nuovo inizio». Certo, il primo pensiero va «a tutte le vittime, a chi è morto solo, al ricordo dei tanti affetti spezzati». Tuttavia avvertiamo ormai «una crescente volontà di ripresa e di rinascita, civile ed economica». C’è, insomma, la speranza di un nuovo inizio. È la stessa ansia di 74 anni fa, quando «forze politiche che erano divise, distanti e contrapposte, trovarono il modo di collaborare nella stesura della nostra Costituzione». Quello «spirito costituente rappresentò il principale motore della rinascita». Perché «seppe unire gli italiani, al di là delle appartenenze, nella convinzione che soltanto insieme si sarebbe potuta affrontare la condizione di estrema difficoltà nella quale il Paese era precipitato». Una «unità morale», sintetizza, che è stata «il vero cemento che ha fatto nascere e ha legato insieme la Repubblica».
La risalita
Tutto si tiene, nel discorso di Mattarella. Dal passato remo
to al presente, al futuro, carico di incognite. Non vuole drammatizzare, il capo dello Stato, e non per caso si dichiara «orgoglioso» di quanto è stato fatto finora. Ma il suo avvertimento, rivolto pure al governo, è duro. «La risalita non sarà veloce, la ricostruzione impegnativa, per qualche aspetto sofferta. Serviranno coraggio e prudenza. Il coraggio di guardare oltre i limiti dell’emergenza, pensando a ciò che deve cambiare. E la prudenza per tenere sotto controllo un possibile ritorno del virus». E serviranno poi, per arginare le paure diffuse e i rischi sulla coesione sociale, «tempestività e lungimiranza, per offrire sostegno e risposte a chi è stato colpito più duramente. E per pianificare investimenti e interventi di medio e lungo periodo». Traducendo: servono progetti intelligenti e sostenibili, per varare i quali per fortuna possiamo confidare nell’europa. Infatti, osserva, «l’italia non è sola in questa difficile risalita».
Sofferenze e rispetto
Ciò di cui abbiamo bisogno, in definitiva, è riflettere «su che cosa è, e cosa vuol essere, la Repubblica oggi». Per lui dovremmo considerarlo un giorno, il 2 giugno 2020, che «interpella tutti coloro che hanno una responsabilità istituzionale circa il dovere di essere all’altezza di quel dolore, di quella speranza, di quel bisogno di fiducia» che stiamo vivendo. E, per spiegarsi e smorzare certe polemiche (anche giuridico-costituzionali), spiega: «Non si tratta di immaginare di sospendere o annullare la normale dialettica politica. La democrazia vive e si alimenta di confronto fra posizioni diverse». Ma, aggiunge, «c’è qualcosa che viene prima della politica e segna il suo limite. Qualcosa che non è disponibile per nessuna maggioranza e per nessuna opposizione: l’unità morale, la condivisione di un unico destino, il sentirsi responsabili l’uno dell’altro. Una generazione con l’altra. Un territorio con l’altro. Un ambiente sociale con l’altro. Tutti parte di una stessa storia. Di uno stesso popolo».
E qui c’è lo snodo chiave del ragionamento: «Siamo tutti chiamati a un impegno comune contro un gravissimo pericolo che ha investito la nostra Italia sul piano della salute, economico e sociale... Le sofferenze provocate dalla malattia non vanno brandite gli uni contro gli altri».