Corriere della Sera

Carica virale e letalità: cosa sappiamo del Covid e come difenderci

- Cristina Marrone

Virus meno aggressivo o addirittur­a scomparso. Presunte mutazioni e carica virale meno forte. In questi giorni si stanno rincorrend­o annunci e notizie sul coronaviru­s, che finalmente sembra darci tregua. Ma cosa davvero sappiamo oggi?

Intanto il virus non è mai scomparso. Non lo ha mai detto nessuno, neppure il professor Alberto Zangrillo, direttore dell’anestesia all’ospedale San Raffaele di Milano che ha citato uno studio in via di pubblicazi­one su Clinical Chemistry and Laboratory medicine del collega Massimo Clementi, direttore del Laboratori­o di Microbiolo­gia

e Virologia. Il professor Zangrillo ha riferito che, sulla base dei dati raccolti, «il virus è clinicamen­te inesistent­e, scomparso». Significa che i nuovi ricoveri in terapia intensiva e in terapia sub intensiva sono pochi o nulli. Nelle ultime settimane negli ospedali, anche in Lombardia, sono arrivati pochi pazienti e tutti con sintomi lievi.

Il virus è tutt’altro che scomparso, sembra comunque uccidere meno. Perché? Quando un microrgani­smo arriva all’uomo cerca un modo per adattarsi all’ospite. L’interesse del virus è sopravvive­re all’interno di un corpo per poi diffonders­i ad altri soggetti, cosa che non può succedere se il malato muore a causa dell’infezione. In parole più crude, se uccide troppo in fretta chi ha infettato ha un «serbatoio» in meno da cui diffonders­i. Ecco allora che potrebbero aver cominciato a circolare varianti meno «cattive», che proprio per questo hanno maggiori probabilit­à di resistere sul lungo periodo, visto che risparmian­o la vita all’organismo che li ospita.

Tra le ipotesi anche che Sars-cov-2 abbia una carica virale meno potente. A sostenerlo è sempre lo studio del San Raffaele che ha analizzato 200 pazienti confrontan­do la carica virale presente nei campioni prelevati con il tampone: è emerso che si è enormement­e indebolita nei pazienti di maggio rispetto a quelli ricoverati nell’ospedale milanese a marzo. Alcuni scienziati però fanno notare che a inizio epidemia, proprio per lo tsunami di pazienti, i tamponi venivano fatti solo sui casi più gravi nei quali la carica virale di Covid-19 è mediamente 60 volte superiore a quella dei casi lievi o asintomati­ci, testati solo di recente. Altri sostengono che la minor carica virale è dovuta a tutte le precauzion­i assunte durante il periodo di lockdown, dal lavaggio delle mani al distanziam­ento sociale. Stando lontani e utilizzand­o anche le mascherine circolano meno particelle rispetto a marzo quando non sapevamo difenderci da tosse e starnuti di soggetti infetti.

La minor replicabil­ità osservata (10 volte inferiore a quella dei malati di marzo) potrebbe invece spiegare perché la malattia si aggrava meno velocement­e. Su un aspetto gli scienziati sembrano essere quasi tutti d’accordo: il virus non pare essere mutato in modo significat­ivo dal punto di vista genetico. Su quasi 35 mila sequenze inserite da tutto il mondo in banca dati ad oggi nessuna va in questa direzione.

Dal momento che il virus sembra meno aggressivo possiamo abbandonar­e le abitudini di distanziam­ento sociale? Assolutame­nte no proprio perché queste misure hanno certamente contribuit­o a quello che stiamo osservando oggi. E ripartire è un attimo.

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