Corriere della Sera

NEL MONDO Londra riparte dalle scuole: i bambini tornano in aula

Prima di pub e negozi, il Regno Unito ha riaperto ieri alcune classi per i più piccoli. I licei a metà mese Ma la metà dei genitori ha tenuto i figli a casa

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE Luigi Ippolito

LONDRA La Gran Bretagna riparte dai bambini. Ieri mattina i piccoli inglesi sono tornati sui banchi di scuola: si inizia con l’ultimo anno delle materne, più il primo e l’ultimo delle elementari. A metà giugno sarà la volta dei licei: gli anni che precedono quelli degli esami più importanti avranno la precedenza per il rientro in classe. Ed entro fine giugno le elementari saranno pienamente operative.

È un passo significat­ivo, quello intrapreso dal governo di Boris Johnson: perché a Londra è ancora quasi tutto chiuso, mentre è stata data priorità alle scuole per la ripartenza. Qui infatti i negozi potranno rialzare le saracinesc­he solo il 15 giugno, mentre per il riavvio di pub, ristoranti, parrucchie­ri e musei non c’è neppure una data certa.

Si riparte dall’educazione, dunque. E in realtà in Gran Bretagna le scuole non avevano mai davvero chiuso: gli istituti erano rimasti aperti per accogliere i figli dei lavoratori «essenziali» (sanità, trasporti, grande distribuzi­one) e i bambini di famiglie disagiate. Alla fine, circa 250 mila allievi avevano continuato a frequentar­e, pur senza svolgere lezioni vere e proprie.

Non che la riapertura delle scuole sia avvenuta senza polemiche. I sindacati degli insegnanti hanno fatto opposizion­e fino all’ultimo, temendo per la salute dei docenti. E anche i genitori sono divisi: quasi la metà, secondo un sondaggio, terrà comunque i figli a casa. Per cui si calcola che ieri un milione di bambini mancassero all’appello. Per di più Scozia e Irlanda del Nord hanno deciso di aspettare fino ad agosto, mentre il Galles non ha ancora fissato date. Quindi il bilancio del primo giorno, ieri, era in chiaroscur­o: con una riapertura delle scuole, nella sola Inghilterr­a, a macchia di leopardo.

Ma il governo va avanti comunque col suo piano: anche perché gli scienziati inglesi sono del parere che il rischio di contagio in aula sia bassissimo, sia per gli allievi che per gli insegnanti. Pure se va aggiunto, però, che verranno adottate una serie di misure di precauzion­e: classi limitate a 15 alunni, ingressi e uscite scaglionat­e, niente scambio di libri e quaderni, grande attenzione all’igiene, no agli assembrame­nti di genitori ai cancelli.

Ma a spingere il governo alla riapertura delle scuole hanno pesato soprattutt­o consideraz­ioni di carattere generale, non legate soltanto alle ricadute sull’istruzione. In Gran Bretagna c’è una correlazio­ne molto stretta e diretta fra gli studi fatti e le possibilit­à di carriera e di guadagno: privare i ragazzi di mesi di scuola (che qui va avanti fino alla fine di luglio) avrebbe avuto un impatto negativo su tutto il resto della loro vita. In più, la chiusura delle scuole accresce le diseguagli­anze sociali: i figli delle famiglie benestanti possono contare a casa su un supporto educativo che a quelli di condizioni più umili è negato. Insomma, tra una cosa e l’altra si rischiava di perdere per strada una generazion­e.

L’ex premier Tony Blair soleva dire che il suo programma consisteva di tre parole: education, education, education. Una linea che continua anche sotto altre bandiere.

Le polemiche

I sindacati dei docenti si sono opposti fino all’ultimo, ma il governo va avanti

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