Corriere della Sera

Muore al Trivulzio, il fratello denuncia «Setticemia, non era assistita» Indaga la Procura

- Giuseppe Guastella

È presto per capire quante vittime collateral­i ha mietuto il coronaviru­s nelle Rsa travolte dalla pandemia, in quanti sono morti non per l’infezione ma perché a causa sua non sono stati assistiti adeguatame­nte. Potrebbe essere il caso di un’anziana milanese ospite del Pio Albergo Trivulzio deceduta per setticemia perché «è stata abbandonat­a a sé stessa», denuncia il fratello alla Procura di Milano che ha aperto un’indagine per omicidio colposo contro ignoti.

Il nuovo fascicolo piomba sulla Baggina già al centro di un’inchiesta sui circa 300 pazienti morti per covid-19 che vede il direttore generale Giuseppe Calicchio e lo stesso ente indagati per omicidio colposo plurimo ed epidemia colposa. La donna, 78 anni, nubile, obesa, con gravi patologie renali e cardiache, dal luglio 2019 era assistita nel Pat per sua scelta, pagava una retta da 2.600 euro al mese. Quando ad aprile la pandemia funesta la Rsa, suo fratello chiede informazio­ni sulle condizioni della sorella, che non era stata contagiata, con telegrammi e fax che non ottengono risposta, dice l’avvocato Alberto Tucci che, per conto dell’uomo, ha presentato querela. Il 23 aprile, riferisce il legale, lei lascia un messaggio drammatico sulla segreteria telefonica del cellulare del fratello: «Aiutami, continuo a suonare il campanello. Nessuno viene. Sono tutti morti?». L’uomo, che dal 5 maggio non la può incontrate per il rischio di contagio, manda altri fax e telegrammi e il 13 maggio presenta una denuncia. Il 17 la sorella viene ricoverata al San Giuseppe e dimessa in serata. Il giorno dopo, le sue condizioni peggiorano e deve essere portata di nuovo in ospedale, stavolta al Fatebenefr­atelli, dove il 21 maggio muore per uno shock settico che, secondo il parente, potrebbe essere legato alle gravi piaghe da decubito con necrosi che aveva sulla schiena (lui ne conosceva la presenza) e che, scrive in querela, sono dovute alla «mancanza assoluta di assistenza».

Di esse, sostiene l’avvocato Tucci, «non c’è traccia nella documentaz­ione». Fonti del Pat spiegano che per le piaghe la signora era assistita quotidiana­mente da un medico.

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