Auto, il crollo delle vendite Confindustria: emergenza sociale
Si dimezzano a maggio le immatricolazioni auto. Risale l’indice della manifattura
Ancora una doppia cifra con un meno davanti per la produzione industriale italiana. Rispetto al mese scorso, con la riapertura delle attività, va meno peggio: -33,8% a maggio (rispetto ad un anno fa) contro il -44,3% di aprile. Ma, spiega il Centro studi di Confindustria diffondendo la sua indagine mensile, si tratta di «un effetto statistico» che «non deve essere interpretato come una robusta ripresa, tutt’altro». Perché le previsioni non fanno ben sperare e questo nonostante la fine della quarantena e la ripartenza di quasi tutte le attività. Rispetto al primo trimestre 2020, la produzione segna un meno 27,7%, ma nel prossimo, se anche continuasse «la lenta ripresa della domanda», la situazione continuerebbe ad essere molto grave.
E il mercato dell’auto segna un nuovo tracollo: -50,45% le immatricolazioni rispetto ad un anno fa: meno di 100 mila le auto immatricolate (99.711) in maggio contro le 197.881 del maggio 2019. Un dato migliore rispetto alle 4.292 immatricolate nel mese di aprile in pieno lockdown, ma certo del tutto insufficiente per risollevare un settore che già da anni soffre una profonda crisi. Per il gruppo Fca il calo nel solo mese di maggio è arrivato al 57,22% (nei primi 5 mesi del 2020 è del 51,9%).
Per quanto riguarda la produzione industriale, Confindustria stima «una riduzione di oltre il 20% dell’attività» a dimostrazione che gli effetti della pandemia e delle successive misure di contenimento si protrarranno ancora per molto tempo. L’andamento è «molto oscillante» e quello che va considerato, sottolinea il Centro studi, è il calo di un terzo della produzione rispetto a quella del maggio 2019: «Mostra quanto siano ancora distanti da una situazione di normalità le condizioni nelle quali opera l’industria italiana». La domanda, sia interna che esterna, «è estremamente debole» questo per la frenata dei consumi delle famiglie e i lockdown esteri. E l’offerta sconta da un lato la quantità di scorte da smaltire, ma dall’altro l’incertezza e i timori degli imprenditori che frenano su programmazione e investimenti.
Una situazione preoccupante che, secondo Confindustria, potrebbe contribuire ad un ulteriore calo di 5 punti del Pil nei prossimi mesi e che «in assenza di adeguati interventi a sostegno della ripresa del sistema produttivo, nel giro di pochi mesi», avverte, potrebbe portare «all’esplosione di una vera e propria emergenza sociale che renderà ancora più impervia la strada verso l’uscita dall’attuale crisi economica».
Una timida speranza arriva dalla manifattura che in maggio è andata meglio di quanto previsto: l’indice Pmi italiano è salito a 45,4 punti quando in aprile era a 31,1 e gli economisti per il mese successivo si aspettavano 36,8 punti. Nel maggio 2019 era a 49,7. Nell’eurozona, l’indice è a 39,4 punti, meglio del record negativo toccato ad aprile con 33,4 punti, e vede il balzo della Francia, passata a 40,1 punti dai 31,5 del mese precedente, e un recupero invece minimo per la Germania salita a 36,6 punti contro i 34,5 di aprile. Salito oltre le previsioni infine l’indice Caixin Pmi della Cina che ha superato i 50 punti (50,7) dai 49,4 di aprile: il più alto livello di crescita degli ultimi 9 anni.