Corriere della Sera

L’algoritmo nel pallone cancella la sfida in uno sport che vive di imprevedib­ilità

Gravina: «Può funzionare». Cairo: «È l’anticalcio»

- Roberto De Ponti

Il 5 maggio, il famoso 5 maggio, l’inter di Hector Cuper avrebbe conquistat­o lo scudetto dopo 13 anni d’attesa. Sarebbe bastato un algoritmo. Il 20 aprile 1986, Romalecce, i gialloross­i di Sven Goran Eriksson non avrebbero buttato al vento il titolo. Come? Puntando su un algoritmo, è chiaro.

Il calcio italiano prova ad arrivare in fondo alla stagione più tormentata della propria storia e per farlo — come da richiesta del governo — ha presentato tre piani: A, B e C. Il piano A è semplice: si giocano tutte le partite che mancano da qui alla fine, magari in orari vagamente assurdi, magari compresse in una manciata di nottate, ma almeno si gioca. Una volta esaurite le partite, la classifica esprimerà i verdetti. Scudetto, posti in Europa, retrocessi­oni. Verdetti inappellab­ili.

Il piano B è un po’ meno semplice: playoff e playout, se non si riescono a giocare tutte le partite (ma se non si possono giocare le giornate mancanti, dove si troverebbe­ro tempo e condizioni per disputare i playoff?). Domanda: come si giocherebb­ero? Con quante squadre? Su quante partite? E che si fa con il pareggio? È un piano B ma tutti sperano di non doverlo usare.

E poi c’è il piano C: l’algoritmo di Gravina. Che non sarà ancora famoso come la serie (che non è A e B) di Fibonacci ma è diventato il giochino matematico del momento. L’autore, il presidente della Federcalci­o, ovviamente lo difende: «È un modo per regalare al calcio uno strumento che metta tutti alle stesse condizioni. Può funzionare. Gli inglesi lo stanno facendo». Urbano Cairo, presidente del Torino, invece lo smonta. «L’algoritmo è un po’ l’anticalcio, perché nel calcio c’è sempre l’imprevedib­ilità». Ma che cos’è, alla fine, questo algoritmo? La definizion­e, prima di tutto: come saprebbe

La formula matematica agevolment­e spiegare una prof di matematica, l’algoritmo è un procedimen­to che risolve un determinat­o problema attraverso un numero finito di passi elementari in un tempo ragionevol­e. Per capirci: è un algoritmo anche l’assegnazio­ne dei punti (3 in caso di vittoria, 1 di pareggio, 0 di sconfitta) in un campionato in tempi normali.

L’algoritmo di Gravina è solo un filo più complesso: si prende la classifica incompleta, si valutano le medie punti in casa e in trasferta, si moltiplica­no per 19 come il numero delle partite in casa e in trasferta. Poi si aggiunge un coefficien­te per gol fatti e subiti e shakerando il tutto si otterrà un numero con decimali che definirà la classifica finale.

Tutto a posto? Mica tanto. Se la squadra X nelle ultime 5 giornate dovesse giocare con le prime cinque della classifica avrebbe senso valutare allo stesso modo la squadra Y che invece gioca con le ultime cinque? Non solo: magari per assurdo è meglio giocare con una terza appagata che con una sedicesima che lotta per salvarsi: che direbbe in questo caso l’algoritmo? Infortuni, squalifich­e, pali, autogol, alea. Errori. È il bello del calcio. E il calcio è uno sport che non può essere valutato attraverso un algoritmo. Tanto varrebbe allora prevedere un piano D: giocare le ultime partite con la Playstatio­n. Almeno le skill sarebbero più precise dell’algoritmo di Gravina.

Per la cronaca: il 5 maggio 2002 l’inter all’olimpico perse 4-2 con la Lazio. Il 20 aprile 1986 la Roma crollò 2-3 in casa contro il Lecce già retrocesso. In entrambi i casi lo scudetto andò alla Juve: algoritmo o meno, alla fine di solito vincono comunque loro.

 ?? (Ansa) ?? Sorpresa 26 ottobre 2019, Lecce-juventus 1-1: segna Mancosu
(Ansa) Sorpresa 26 ottobre 2019, Lecce-juventus 1-1: segna Mancosu

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy