Ressa in piazza e poche mascherine: la manifestazione con Salvini diventa un caso Si riapre tra limiti e controlli
I militanti in centro a Roma con un tricolore di 500 metri Salvini: i dispositivi? Gli esperti dicono che il virus sta morendo Meloni attenta a evitare situazioni «vietate»: non aspettano altro
Da oggi via libera agli spostamenti in tutta Italia. Termoscanner nelle stazioni. I malati intanto sono meno di 40 mila. E ieri non si è registrato nessun caso in otto regioni. Polemica per la manifestazione del centrodestra.
ROMA Ci avevano provato Giorgia Meloni e Antonio Tajani ad invitare i rispettivi sostenitori a « restare a casa » , perché « ci sarà tempo per scendere in piazza il 4 luglio » , ripeteva la leader di Fratelli d’italia sapendo perfettamente che « se ci saranno assembramenti, non vedranno l’ora di attaccarci, non aspettano altro... » . Ma metti assieme una mattinata di sole, negozi aperti, il centro di Roma che pare un salotto, la marea di giornalisti, camera men, poliziotti, servizio d’ordine, parlamentari sparsi, tre leader tre che magari voti e se li incontri per strada vuoi non farti un selfie? E metti srotolare da piazza del Popolo a Largo dei Lombardi un mega tricolore di 500 metri di lunghezza e buoni 20 di larghezza nella stretta via del Corso e hai un primo risultato: il divieto di assembramento? Crolla politicamente e ufficiosamente il 2 Giugno, nella manifestazione del centrodestra che doveva essere « simbolica » ma che diventa il simbolo dell’ impossibilità di osservare regole se c’ è un evento.
E così, dalle 10 del mattino, al centro di Roma scatta una sorta di « liberi tutti » di cui tutti diventano protagonisti, intenzionali e no. In piazza del Popolo arriva per primo Tajani, con mascherina di ordinanza, c’è ancora poca gente, in attesa che tocchi a Matteo Salvini e che Giorgia Meloni conceda qualche battuta alle telecamere. Ma ancora non è partito il corte oche scatta il primo allarme: un gruppo di manifestanti di Azione Libera Italia, frangia di Forza Nuova, arrivano armati di slogan duri e vengono allontanati dalla polizia, allertata da Gas par rie La Russa: « Non vogliamo problemi » .
Facile a dirsi: qualcuno non ci sta. «I comunisti possono sfilare il 25 aprile col pugno chiuso e io non posso fare il saluto romano? » urla un anziano manifestante. Si fa finta di non sentirlo. I l corteo si muove, con al centro Salvini, Meloni e Tajani, dietro di loro si muove pure il bandierone — c’è da percorrere 3- 400 metri prima di arrivare al punto stampa, un quadrato transennato dal quale i tre faranno brevi interventi —, ma anche solo l’idea di farlo in maniera « distanziata » tramonta in pochi istanti.
Passanti, manifestanti, gli addetti dei partiti, gli operatori di stampa e tivù, ai lati del corteo, uno attaccato all’altro marciano armati di telecamere e telefonini e — quasi tutti — di mascherine, che però qualcuno comincia via via a togliersi e che non evitano comunque i contatti, la ressa. E mentre marciano salgono i cori, da « Libertà l i bertà » a « Conte vaff... » , fino a quando un manifestante offende Mattarella e la memoria del fratello ucciso e fa insorgere tutti: da Luigi Di Maio ( « Parole gravissime, abbassare i toni » ) al ministro Federico D’incà, da Romano Prodi al presidente della Camera Fico a quella del Senato Casellati ( « Questi sono insulti a tutto il Paese » ) . Così, in serata, si levano a difesa di Mattarella gli stessi promotori della manifestazione. Prima la Meloni: « Insulti a Mattarella vergognosi, condanniamo senza se e senza ma » . L’azzurro Mulè parla di « pensiero disgustoso » , Mara Carfagna si dice « distante in tutto da chi ha pronunciato quelle orribili parole » . E pure Salvini censura: « Chi ha offeso Mattarella, e con lui tutte le vittime di mafia, si deve solo vergognare, non rappresenta l’italia e gli italiani » . Poi, dopo aver ringraziato il presidente per la visita a Codogno, precisa: « Il problema degli italiani sono i milioni senza lavoro, non la piazza » . D’altra parte è lui nella manifestazione a decidere che la folla va salutata « per bene » . Dopo nemmeno 50 metri di percorso partono i selfie: si infilano nel percorso protetto signore emozionate, giovanissimi, anziane coppie, a tutti lui si concede, con mascherina tricolore all’inizio, senza alla fine. Intanto si arriva alla zona transennata dove il corteo praticamente si blocca ed è quasi i mpossibile per gli stessi tre leader entrare nel recinto: « Circolate, via, via! » gridano gli agenti, ma chi mostra il tesserino da giornalista, chi ha conquistato la posta
zione e «ho diritto di restare», ormai è bolgia.
Maurizio Gasparri attacca: «Ma perché, a Codogno ad aspettare Mattarella non c’era ressa? Solo con noi bisogna prendersela?». Meloni e Tajani però non rispondono al richiamo della folla: restano nel recinto, parlano ai giornalisti per qualche minuto, pochi i selfie, molta la voglia di evitare ogni immagine che, lo sanno, si ritorcerebbe loro contro. Salvini invece domina la scena. Si mette al centro, si cala la mascherina, si offre alle foto. Gli alleati hanno capito che non è cosa: dopo dieci minuti, escono dal recinto: «Basta, andiamo, qui è finita». Si allontanano in fretta. Salvini resta almeno altri venti minuti e dà ordine ai suoi di far entrare chi voglia foto con lui, ma dalle transenne c’è chi si innervosisce: «E basta con queste cose, non servono a niente, vieni a parlare col popolo, qui non c’abbiamo più una lira e tu ti metti a fare i selfie!» grida una signora, poi un altro se la prende col leader: «Ancora con questi selfie?!» e lui lo sente: «Beh, che fastidio ti dà, che problema hai?». E, alla fine, è quasi showdown: «Io la mascherina la metto, ce l’ho — rivendica — ma sono felice di sapere che i contagi sono bassi e che gli esperti dicono che il virus sta morendo...».
Non è comunque lo slogan dei gilet arancioni, che in pochi ma ostentatamente senza mascherina tengono il loro sit-in a piazza del Popolo nel pomeriggio, insultando il capo dello Stato e Conte, scandalizzando mezzo mondo politico: «La pandemia è una boiata, prendo a schiaffi chi vuole mettermi la mascherina» grida dal palco il leader, ex generale e pure ex sottosegretario Antonio Pappalardo. «Tentativo subdolo di metterci in connessione, siamo anni luce lontani da loro», tuona l’azzurra Anna Maria Bernini. Le distanze stavolta le prendono tutti. A voce è più facile che in strada. E Silvio Berlusconi chiosa la giornata: se si va al voto «qualsiasi governo avrà bisogno di concordia nazionale. Bene Mattarella, noi pronti a fare la nostra parte». Tanto per chiarire.