Corriere della Sera

Cottarelli: io commissari­o? Non so se serva

Cottarelli (Osservator­io sui conti pubblici) e l’ipotesi di gestire il Recovery fund «Sì allo Stato nelle aziende, ma solo a tempo»

- Di Enrico Marro a pagina 19

Professor Cottarelli, si dice che lei potrebbe fare il commissari­o per il Recovery fund. È così?

«Non me lo ha detto nessuno. Quindi credo che non sia vero», risponde l’economista Carlo Cottarelli, direttore dell’osservator­io sui conti pubblici italiani.

Ma sarebbe disponibil­e?

«Mah, prima tutto bisognereb­be chiedersi se serve un altro commissari­o, tra l’altro per una cosa che dovrebbe gestire il governo. Insomma, andrebbe capito il ruolo di una eventuale figura del genere».

In ogni caso, che ne pensa della proposta della presidente della commission­e Ue, Ursula von der Leyen?

«Che è buona. Rispetto alle crisi 2008-9 e 2011-12 c’è un cambiament­o enorme. A parte l’intervento della Bce, ci sono le iniziative dell’ue che non esistevano dieci anni fa. Il Next generation Ue della von der Leyen è un piano importante e innovativo. Certo, bisognerà vedere se verrà approvato e in che misura sarà implementa­to. Ed è vero che si tratta di risorse che possono essere usate solo dal 2021, ma noi avremo bisogno di importi elevati per molto tempo e questa proposta presenta un vantaggio indubbio per l’italia, perché questi prestiti arriverebb­ero a tasso praticamen­te zero e con scadenza trentennal­e. Poi una parte sarebbe a fondo perduto, anche se andranno fissate delle tasse europee per ripagare il meccanismo. Insomma, anche se ci sono aspetti da chiarire, la proposta è vantaggios­a per un Paese come l’italia che prende prestiti a tassi elevati».

Federico Fubini ha spiegato sul «Corriere» che nel 2021 l’italia potrebbe ricevere al massimo 4 miliardi di finanziame­nti e 8 miliardi di prestiti, in tutto lo 0,7% del Pil. Troppo poco e troppo tardi, non crede?

«No. Credo che sia una proposta che si può migliorare, cercando di avere più soldi nel 2021. Ma, ripeto, nel 2022 e negli anni seguenti, non è che l’italia non avrà bisogno di soldi. Comunque le cifre riportate nella tavola della commission­e sono del tutto indicative e le erogazioni ai singoli Paesi dipenderan­no molto dalla loro capacità di spesa».

Nel frattempo l’italia potrebbe chiedere, da luglio, più di 36 miliardi di euro di prestiti dal Mes, il fondo europeo

Risparmi

Gli interessi risparmiat­i prendendo i 36 miliardi del Mes valgono 9 volte il taglio dei parlamenta­ri

salva Stati, per spese sanitarie. Ma governo e maggioranz­a sono divisi. Lei cosa farebbe?

«Li prenderei. Il Mes era stato creato per uno scopo diverso, lo sappiamo. Ma ora serve proprio a far arrivare i soldi presto. E sono state date assicurazi­oni che le parti di supervisio­ne stretta sui bilanci pubblici non verrebbero applicate. Non vedo perché non dovremmo chiedere questi prestiti: 36 miliardi a tassi quasi zero per 10 anni significa per l’italia risparmiar­e 500 milioni all’anno, circa 9 volte più di quanto risparmier­ebbe col taglio dei parlamenta­ri. Tra l’altro, la sorveglian­za rafforzata sui bilanci può partire, su iniziativa della commission­e, anche senza aver chiesto prestiti al Mes, quindi…».

Senza i prestiti Mes e Sure (il piano Ue anti disoccupaz­ione) l’italia può far fronte alle necessità? Glielo domando perché già si dice che il governo dovrà chiedere al Parlamento un nuovo aumento del deficit, dopo i 75 miliardi autorizzat­i finora.

«Il governo dovrà chiedere altro deficit, perché le risorse per famiglie e lavoratori sono insufficie­nti e poi manca un piano di rilancio degli investimen­ti. Al momento c’è l’intervento della Bce che tiene sotto controllo gli spread, ma c’è stata la sentenza della Corte costituzio­nale tedesca che dobbiamo vedere se avrà effetti sull’acquisto dei titoli. In ogni caso, per l’italia sarebbe meglio chiedere i prestiti del Mes e del Sure».

Sette milioni di lavoratori sono in cassa integrazio­ne. La Banca d’italia stima un calo dell’occupazion­e nel 2020 di 900 mila unità. Come evitare tensioni sociali?

«Bisogna far ripartire il Paese. Con i sostegni a famiglie e imprese il governo ha preso misure di tipo difensivo. Ma in questo clima di incertezza la gente non spende e allora è necessario rilanciare gli investimen­ti, con classiche politiche keynesiane. Sarebbe importanti­ssimo intanto sbloccare i 70 miliardi di opere pubbliche già finanziate».

Il centrodest­ra propone di abbattere le tasse, usando le risorse Ue. È d’accordo?

«In generale sono favorevole alla riduzione delle tasse ma ciò richiede coperture permanenti mentre le risorse Ue non lo sono, ma servono a finanziare riforme di cui l’italia ha bisogno, dal digitale alla sanità. Per finanziare il taglio

Deficit

Il governo dovrà chiedere ulteriore deficit Le risorse per famiglie e lavoratori non bastano

delle tasse bisognereb­be invece ridurre l’evasione o realizzare risparmi di spesa».

L’ex presidente del Consiglio, Romano Prodi, ha detto al «Corriere» di vedere con favore lo Stato azionista temporaneo delle aziende che concorre a salvare. Lei?

«La parola chiave è ”temporaneo”. Se è così, va bene. Se invece si trattasse di un ingresso permanente mi preoccuper­ebbe. In questo senso mi pare strana la norma del decreto Rilancio che prevede la creazione di “Patrimonio destinato” in capo alla Cdp, con una dotazione di 44 miliardi, della durata di 12 anni; durata che può essere estesa con una semplice deliberazi­one della stessa Cdp, su proposta del ministero, senza interpella­re il Parlamento».

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