Una guerra»
Formigli e la fine della stagione di «Piazzapulita»: più riflessione senza il pubblico
«È stata una guerra: restrizioni della libertà, regole, nemico da combattere. E il giornalista doveva attrezzarsi per portare a casa il materiale, nonostante gli ostacoli da superare». Equilibrato, come di consuetudine, Corrado Formigli, questa volta nella voce tradisce una certa commozione. Non per sentimentalismo, ma perché ha compiuto — insieme alla sua squadra — uno sforzo enorme di fronte a una tragedia immane e alla fine ne è uscito più forte.
Domani sera andrà in onda l’ultima puntata della stagione di «Piazzapulita» (La7, ore 21.15, prodotta da Banijay Italia), uno speciale dal titolo «Corpo a corpo» che inevitabilmente si soffermerà su «i 100 giorni di contagio, la gente chiusa in casa, l’uscita e le macerie economiche». Riflette Formigli: «È stata una esperienza giornalistica unica, più forte di quella dell’inviato di guerra. Non ricordo un momento in cui il mio lavoro è stato così importante da cambiare la percezione nell’opinione pubblica». Del resto tutto è nato da quell’inchiesta — un pugno nello stomaco — mandata in onda da «Piazzapulita» il 5 marzo nella terapia intensiva dell’ospedale di Cremona. «Immagini fortissime — ricorda il giornalista — ancora non eravamo in pieno lockdown e forse non si era capita la gravità. Invece mostrammo persone intubate a pancia in giù, dolore, disperazione. Dopo quel reportage non si è più detto “è solo una influenza”. Quell’inchiesta, nelle successive 24 ore, ebbe 6 milioni di visualizzazioni. Questo mi ha confermato quanto può essere potente il racconto televisivo. E ha mostrato la tenacia del giornalismo che non si ferma davanti a nulla. Medici e infermieri dicevano “vi prego entrate, le persone muoiono nei corridoi”».
Da quel momento in avanti, tutti i programmi di informazione non hanno potuto fare altro che raccontare una tragedia immane, specie nel nord e in Lombardia. I talk hanno cambiato fisionomia. Per esempio tutti gli studi erano vuoti, il pubblico sparito. «All’inizio — sottolinea Formigli — faceva l’effetto di una partita di calcio a porte chiuse. Poi abbiamo scoperto che in una dimensione drammatica come questa, l’assenza del pubblico permetteva di accentuare l’approfondimento e la riflessione».
Una cosa è certa: tutto quanto discusso e affrontato nei talk, prima di febbraio, sbiadisce, non ha più alcuna importanza. «Ormai c’è un prima e un dopo, e sarà per sempre, a prescindere dal vaccino. Certe competenze si sono affermate e certe incompetenze pure. Un personaggio come Trump resterà ridimensionato per sempre; come pure Boris Johnson. Tutti coloro che in modo sbruffone e incompetente hanno portato il loro Paese nel baratro, ne pagheranno le conseguenze».
Dovesse sintetizzare tutto quello che ha imparato in questi mesi? «Che la scienza non è infallibile e che in questa grande battaglia primi sono arrivati i cittadini, secondi gli scienziati, terzi i politici con le loro goffaggini».
La gente ha dato prova di responsabilità. Con qualche eccezione... «Però trovo ridicolo puntare il dito contro la
Vuoto Corrado Formigli (al centro) nello studio di «Piazzapulita» movida, come se il problema fossero i ragazzi con il bicchiere in mano. Pensiamo alla manifestazione del centrodestra, ieri a Roma, con un assembramento incredibile e moltissime persone senza mascherine. Ma che esempio diamo ai giovani? Scaricare la responsabilità sui ragazzi è una vigliaccata». Formigli si accalora: «Questo è un Paese costantemente contro i giovani: l’ultima cosa di cui si è occupato il governo è stata la scuola».
Domani finisce. Le parole estate e vacanze cosa le fanno pensare? «Primo alle persone che non potranno permettersele. Secondo, voglio aiutare il mio Paese: resterò in Italia a fare le vacanze. Andrò nel ristorante sotto casa, comprerò un prodotto locale, aiuterò l’albergatore italiano. Questo credo lo dobbiamo al futuro dell’italia».