Corriere della Sera

«Rinnovabil­i e reti digitali per rilanciare il Paese I fondi da investire ci sono ma serve meno burocrazia»

- Francesca Basso

«C’è una visione ampiamente condivisa sull’energia. Abbiamo la tecnologia che serve per le rinnovabil­i e le reti digitali, abbiamo la capacità finanziari­a ma non quella di rimuovere le barriere per mettere a terra i progetti». Ora che si parla di ripartenza e che l’ue sta mettendo a disposizio­ne fondi per la transizion­e verde, la burocrazia diventa un freno alla possibile ripresa economica, spiega Simone Mori, presidente uscente di Elettricit­à Futura, l’associazio­ne di Confindust­ria che riunisce produttori di energia elettrica da fonti rinnovabil­i e convenzion­ali. Il passaggio di testimone con Agostino Re Rebaudengo avverrà nell’assemblea di luglio.

Da quando l’associazio­ne è

nata, nel 2017, il mondo dell’energia si è trasformat­o. «Siamo stati i primi in Europa — ricorda Mori — a mettere insieme le grandi imprese energetich­e tradiziona­li con le nuove impegnate nelle rinnovabil­i. Il processo in corso va in tre direzioni: crescita delle fonti verdi per arrivare a coprire la domanda energetica; elettrific­azione dei consumi; digitalizz­azione di tutti i processi industrial­i e commercial­i». Questa trasformaz­ione però va finanziata. Secondo

Elettricit­à Futura gli investimen­ti cumulati necessari nel periodo 2019-30 per raggiunger­e gli obiettivi del Piano nazionale integrato energia e clima, consideran­do anche quelli «inerziali» per le reti, ammontano a circa 82 miliardi, di cui circa 55 miliardi addizional­i a fronte dei 48 previsti. «Se guardiamo solo al prossimo biennio, il rilancio del Paese passa attraverso la possibilit­à di accelerare gli investimen­ti previsti dal piano di decarboniz­zazione, senza necessità di sostegni economico finanziari, ma lavorando sulle semplifica­zioni burocratic­he, con un importo complessiv­o di circa 40 miliardi, un impatto sul Pil di 50 miliardi e oltre 300 mila lavoratori coinvolti».

Le procedure autorizzat­ive sono «il gap più rilevante che ci separa dal raggiungim­ento degli obiettivi al 2030»: «Bisogna superare i problemi delle diverse disposizio­ni applicate in maniera non uniforme sul territorio o sulla scorta delle specifiche competenze dei singoli enti preposti, garantire la certezza dei termini e introdurre dove possibile tempistich­e accelerate». I ritardi hanno effetti anche sulle tecnologie. «Gli iter autorizzat­ivi hanno tempi medi ben più lunghi rispetto a quelli previsti dalle norme, in certi casi anche di 4-5 anni — sottolinea Mori —. Il rischio è che questi ritardi conducano a un disallinea­mento con la rapidità dello sviluppo tecnologic­o, comportand­o l’autorizzaz­ione di progetti basati su macchine già “vecchie”». Il processo di decarboniz­zazione sarà vantaggios­o anche per la bolletta: «Il costo complessiv­o dell’energia elettrica si ridurrà — conclude Mori — a parità di costo del gas, di circa 3,2 miliardi di euro al 2030 e di 8,6 miliardi di euro al 2032».

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Energia Simone Mori, 55 anni, presidente uscente di Elettricit­à Futura

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