Corriere della Sera

La valdese allieva di Spataro partita dai delitti dei minorenni

- A. D. L.

Èstata uno dei primi magistrati a utilizzare le intercetta­zioni telefonich­e (e le reazioni degli indagati agli articoli di stampa), per risolvere un caso di cronaca nera clamoroso: l’omicidio di suor Maria Laura Mainetti, uccisa a coltellate a Chiavenna il 6 giugno del 2000. Chi era stato? I sospetti dei carabinier­i si erano concentrat­i su tre ragazzine minorenni, e l’allora sostituto procurator­e minorile di Milano Maria Cristina Rota aveva deciso di ascoltarle al telefono, mentre leggevano il giornale e le notizie sull’inchiesta. Il caso era stato risolto così. Quel magistrato, che ancora oggi sottolinea con orgoglio di essere cresciuta alla scuola di Armando Spataro, è procurator­e aggiunto di Bergamo dal settembre del 2018, l’anno scorso ha dovuto dire addio tra le lacrime al suo capo, Walter Mapelli, scomparso a 61 anni per un tumore. Come l’ex procurator­e, che indagò su Filippo Penati e prima ancora sulle tangenti Imi-sir, anche Rota ha lavorato a inchieste per corruzione e contro i reati fiscali. Amante dei viaggi e in particolar­e dell’engadina, bergamasca doc (Rota è il cognome più diffuso in provincia), di fede valdese, la procuratri­ce — al di là del merito delle inchieste — è un magistrato che ha sempre scelto di muoversi a viso aperto, ed è questo lo spirito che l’ha portata fino a Roma, a chiedere di ascoltare il presidente del Consiglio. Non tutto torna, sulla mancata zona rossa, e per la pm non è mai esistita una cortesia istituzion­ale che porti a rinunciare al proprio dovere.

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Magistrato Maria Cristina Rota, procurator­e aggiunto a Bergamo dal settembre del 2018

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