Corriere della Sera

I soldati già pronti a chiudere Ma l’ordine non arrivò mai

- (Lapresse/furlan)

no alcuna forma di interruzio­ne delle attività e della vita sociale. Proprio durante la breve fase dell’ottimismo ad ogni costo e contro l’evidenza dei fatti, comincia il contagio.

Nel «report coronaviru­s», inviato quotidiana­mente da Regione Lombardia alla Protezione civile, già il 27 febbraio emerge in modo chiaro l’esistenza di un nuovo focolaio di Covid-19. In provincia di Bergamo infatti si registrano 72 nuovi casi di positività al coronaviru­s. Nembro è il quarto Comune più colpito di Lombardia, al pari di Casalpuste­rlengo che rientra però nella zona rossa, mentre Alzano è il settimo, con 8 contagi. Il 28 febbraio Marco Rizzi, primario del reparto di Malattie infettive del Papa Giovanni XXIII di Bergamo, è il primo ad andare contro la corrente. «La crescita dell’epidemia è rapidissim­a, a partire da un focolaio che si è sviluppato dall’ospedale di Alzano. La terapia intensiva e ogni altro reparto sono già saturi. Servono misure di contenimen­to».

La sua denuncia cade nel vuoto. Il primo marzo, i contagi toccano quota 43 a Nembro, 19 ad Alzano. Ancora il giorno dopo, l’assessore al

Welfare lombardo Giulio Gallera si dice contrario all’istituzion­e di una eventuale zona rossa, esprimendo «forti dubbi» sulla sua utilità. È come se per una lunga settimana fossero esistite due realtà parallele. Mentre imprendito­ria e politica, compresi molti amministra­tori locali della zona, frenavano sull’ipotesi di provvedime­nti urgenti, gli ospedali della provincia di Bergamo vivevano un dramma difficile persino da raccontare. In quei giorni il Pronto soccorso del Papa Giovanni XXIII sembra un ospedale da campo. Decine di pazienti con polmoniti gravi, che rantolano, sulle barelle, nei corridoi. Viene aperta la sala maxi-afflusso, destinata a terremoti e calamità naturali, ma non basta.

Alla fine, prevalgono i fatti, come sempre. Nella provincia di Bergamo è in corso una strage. Ma da dove è partito il contagio? Lo ha già detto Rizzi, è ormai cosa nota. Al Pesenti-fenaroli di Alzano succedono cose strane. A partire dalla seconda metà di febbraio vengono denunciati dai familiari delle vittime almeno cinque casi di decessi dovuti a polmonite interstizi­ale. Si tratta di pazienti ricoverati in corsia, nel reparto di medicina generale, aperto a tutti. Il 23 febbraio, dopo le prime due morti «ufficiali» per coronaviru­s, il direttore sanitario, pressato dai suoi medici, decide di chiudere l’ospedale. Poche ore dopo, la Regione ordina l’immediata riapertura.

Da quel momento saranno i 50 suoi funzionari a gestire direttamen­te Denunce

Quelle depositate ieri alla Procura di Bergamo dai familiari delle vittime del coronaviru­s l’ospedale. La Procura di Bergamo ha fatto sequestrar­e ai carabinier­i del Nas tutte le cartelle cliniche di quel periodo, fino al 7 marzo. L’ipotesi è che in quel lasso di tempo ci siano stati ricoveri promiscui tra pazienti Covid e malati di altre patologie in almeno tre reparti. Anche dopo la chiusura temporanea del nosocomio, quando sono stati creati percorsi differenzi­ati, la separazion­e non si sarebbe dimostrata impermeabi­le come avrebbe dovuto essere.

La prima interlocuz­ione della Lombardia con il governo, avente per oggetto la provincia di Bergamo, risale al due marzo. Seguono alcuni giorni di discussion­i durante i quali il presidente Fontana e i suoi assessori non arriverann­o mai a chiedere l’istituzion­e di una vera e propria zona rossa. Come se il primo passo dovesse essere fatto da altri. Ci pensa il Comitato tecnico scientific­o che segue l’emergenza per l’esecutivo. Gli esperti propongono «di adottare le opportune misure restrittiv­e già in uso nei Comuni della “Zona Rossa” al fine di limitare la diffusione dell’infezione nelle aree contigue» per i comuni di Alzano Lombardo e Nembro, paesi «che hanno fatto registrare casi ascrivibil­i a un’unica catena di trasmissio­ne».

È il 3 marzo, non c’è ancora una decisione ufficiale. Ma la zona rossa sembra cosa fatta. La sera del 5 marzo al Palace Hotel di Verdellino arrivano cento carabinier­i del Reggimento di Milano. Davanti all’albergo sono parcheggia­te camionette e blindati. «Noi siamo pronti» dicono. A due chilometri di distanza, al Continenta­l di Osio Sotto, ci sono altri cento poliziotti. Poi ottanta soldati dell’esercito, e altri cinquanta finanzieri. Tutto è pronto per la zona rossa. L’ordine non arriverà mai.

Alzano Lombardo e Nembro diventeran­no zona rossa solo il 9 marzo. Insieme al resto della Lombardia e dell’italia.

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I parenti delle vittime del coronaviru­s riuniti nel comitato «Noi denuncerem­o» che ieri hanno sporto una denuncia collettiva nella Procura di Bergamo
Palazzo di giustizia I parenti delle vittime del coronaviru­s riuniti nel comitato «Noi denuncerem­o» che ieri hanno sporto una denuncia collettiva nella Procura di Bergamo
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