Corriere della Sera

Legge anti omofobia, la Cei si schiera contro: rischio di condanne per opinioni legittime

- Di Alessandro Trocino

ROMA Una legge contro l’omofobia «non serve», anzi «rischia derive liberticid­e». La Conferenza episcopale italiana interviene con una nota per contestare una legge che ancora non c’è, visto che al momento ci sono cinque proposte di legge e soltanto martedì si arriverà a un testo base, che sarà votato poi il giorno dopo alla commission­e Giustizia della Camera. Un attacco preventivo che suscita «sorpresa» nel centrosini­stra e trova d’accordo le destre.

Questo è l’ultimo episodio di un disagio crescente della Chiesa e segue l’irritazion­e per lo stop alle funzioni religiose durante la pandemia. I vescovi — pur ribadendo il no a ogni discrimina­zione — contestano l’esigenza di una legge, perché «esistono già adeguati presidi con cui prevenire e reprimere ogni comportame­nto violento o persecutor­io. Non c’è alcun vuoto normativo e non c’è urgenza di nuove disposizio­ni». Non solo: «L’eventuale introduzio­ne di norme incriminat­rici rischiereb­be di aprire a derive liberticid­e. Si finirebbe col colpire una legittima opinione, come insegna l’esperienza di altre Nazioni». Riferiment­o alla Spagna, dove il cardinale Fernando Sebastián Aguilar è stato indagato per omofobia. Per la Cei la legge punirebbe «come reato di opinione chi ritiene che la famiglia esiga per essere tale un papà e una mamma. Ciò limita la libertà personale, le scelte educative, il modo di pensare e di essere, l’esercizio di critica e di dissenso». Mettendo a rischio «la democratic­ità del Paese».

Le proposte sul tema dell’omotransfo­bia sono cinque, a firma Alessandro Zan e Laura Boldrini (Pd), Mario Perantoni (M5S), Ivan Scalfarott­o (Italia viva) e Giusi Bartolozzi (Forza Italia). Il giurista, d’area leghista, Mauro Ronco, aveva spiegato alla Camera «che si vuole censurare chi critica i disturbi sessuali». La proposta di Zan, relatore del testo base, prevede un allargamen­to delle sanzioni previste dalla legge Mancino contro la discrimina­zione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi alle fattispeci­e connesse a omo e transfobia. Il quotidiano Avvenire (Cei) riferisce che secondo i dati del Viminale ci sono «solo» 26,5 reati all’anno di questo tipo.

Zan smentisce la fondatezza delle critiche: «Come forma di garanzia, avevamo già escluso l’applicabil­ità del comma a del 604bis del codice penale che punisce la “propaganda d’odio”. Perché è una norma al limite della libertà di espression­e, anche se già la giurisprud­enza ha limitato il suo raggio d’azione. Nelle proposte si punisce l’istigazion­e alla violenza». Irritata Francesca Businarolo, M5S: «Affermare che esistono già adeguati presidi per contrastar­e questo fenomeno significa non voler prendere atto di una dura realtà di discrimina­zione». Per Alessandro Pagano (Lega), la norma «è inutile e introduce uno psicoreato».

Il dibattito sui reati d’odio è antico. Cè chi ritiene sia necessario aggiungere un’aggravante se un reato è commesso per un motivo d’odio. E chi no, come Isabella Rauti e

Le reazioni

Il centrodest­ra applaude l’intervento dei vescovi. «Sorpresa» da Pd e Cinque Stelle

Franco Zaffini, di FDI: «Le persone indifese debbono essere tutelate in quanto persone e non in quanto appartenen­ti ad un gruppo specifico». Zan coglie una contraddiz­ione: «Le vittime vulnerabil­i per avere una parità di trattament­o devono avere una tutela rafforzata. Si può anche pensare che non sia necessario, ma allora per essere credibile la Cei dovrebbe chiedere l’abolizione anche della legge Mancino».

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