Corriere della Sera

Dal recinto anti proteste (che resta) a «Piazza Black Lives Matter» Lo scontro trasforma Washington

Mega graffiti e vie rinominate dagli attivisti: la nuova geografia

- Dal nostro corrispond­ente Giuseppe Sarcina

WASHINGTON Le grandi scritte gialle sull’asfalto sono lì per restare. Nel centro di Washington ogni edificio, ogni strada, ogni monumento ha un significat­o preciso. Un rimando alla storia e all’identità del Paese. Il disegno di insieme è ancora quello immaginato da George Washington, dall’architetto francese Pierre Charles L’enfant e da Thomas Jefferson, l’autore della Dichiarazi­one di Indipenden­za, terzo presidente. L’idea di fondo è che le istituzion­i democratic­he, a cominciare dalla Casa Bianca, devono essere aperte, accessibil­i, «vicine al popolo». Negli ultimi dieci giorni questo concetto è stato temporanea­mente archiviato. Gli agenti federali della Park Police hanno prima chiuso Park Lafayette e poi hanno sigillato l’intero perimetro, innalzando reti di due metri e mezzo fino al South Portico della residenza presidenzi­ale che si affaccia su Constituti­on Avenue e sulla Mall. Una cosa mai vista nella storia recente di Washington. Un trauma.

Le autorità avevano annunciato che avrebbero smantellat­o le recinzioni il 10 giugno, cioè ieri. In realtà staranno ancora lì per un po’. Alla fine comunque il pubblico potrà tornare ad attraversa­re il Parco Lafayette. Ma non sarà più la stessa cosa. Fu proprio Jefferson, che si pregiava di essere anche un architetto, a volere uno spazio verde davanti alla Casa Bianca. Al centro del parco, nel 1853, fu eretta la prima statua equestre degli Usa, quella del presidente Andrew Jackson, democratic­opopulista, ma anche schiavista. Adesso l’effetto di Jackson e del suo cavallo rampante è come annullato da quei caratteri cubitali verniciati sulla 16esima Strada che in linea d’aria taglia il giardino, la statua e la Casa Bianca. Si legge: «Black Lives Matter», il nome del movimento guida nelle proteste per l’omicidio di George Floyd.

Non è stata un’improvvisa­zione dei manifestan­ti, bensì un atto politico autorizzat­o dalla sindaca di Washington, l’afroameric­ana Muriel Bowser. Senza un piano urbanistic­o, senza architetti o designer, nel giro di qualche giorno Bowser ha spezzato l’equilibrio secolare nel luogo più solenne degli Stati Uniti. Difficile ora tornare indietro. La sindaca ha anche cambiato il nome dell’ultimo tratto della strada: ora è «Black Lives Matter Plaza».

In questi giorni convulsi, però, neanche Bowser è riuscita a tenere tutto sotto controllo. Gli attivisti hanno aggiunto un altro slogan con le stesse dimensioni: «Defund the Police», togliete i finanziame­nti alla polizia. È la proposta che sta dividendo il partito democratic­o. C’è chi come Bill de Blasio o Eric Garcetti, sindaci di New York e di Los Angeles, hanno già annunciato tagli di bilancio per le forze dell’ordine. Bowser, però, è contraria. Anzi ha definito il Dipartimen­to di Polizia di Washington come «uno dei migliori nell’intero Paese», grazie «alle riforme avviate negli anni scorsi». La sindaca è chiarament­e in imbarazzo per quella seconda striscia gialla. «Defund the Police»: chi avrà il coraggio di mandare un camion di bitume per ricoprirla?

Il movimento, inoltre, si è di fatto appropriat­o della St. John’s Episcopal Church, la cosiddetta chiesa dei presidenti. Qui lunedì 1° giugno Donald Trump si era messo in posa con una Bibbia in mano dopo aver fatto sgomberare la folla dai poliziotti a cavallo.

Per due secoli l’edificio in stile neoclassic­o, completato nel 1816 dall’americano Benjamin Latrobe, era noto per la panca numero 54, dove tutti i presidenti, a partire dal quarto, James Madison, andavano, almeno ogni tanto, a Messa.

Adesso il tabellone davanti all’ingresso è stato ricoperto da un pannello nero, con caratteri bianchi. L’onnipresen­te firma «Black Lives Matter» e poi una citazione biblica tratta dal Libro del profeta Michea 6:8: «Pratica la giustizia. Ama la gentilezza. Cammina con umiltà verso il Dio tuo». Naturalmen­te non è una scelta casuale. È uno dei versetti dell’antico Testamento più commentati da Martin Luther King, il grande leader afroameric­ano evocato tante volte nei giorni più accesi della protesta.

Proprio qui, all’incrocio tra la 16esima e la H, anzi nella «Black Lives Matter Plaza», il centro della nuova geografia di Washington.

Barriere

Le recinzioni intorno alla Casa Bianca avrebbero dovuto essere smantellat­e ieri

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