Corriere della Sera

NESSUNO TOLGA MONTANELLI DAI SUOI GIARDINI

- Di Beppe Severgnini SEGUE DALLA PRIMA

Non lo scriviamo perché Indro Montanelli (1909-2001) è un vanto di Milano, la città che amava e per la quale ha versato — letteralme­nte — il sangue (l’attentato delle Brigate Rosse nel 1977, cui seguì il perdono agli attentator­i). Non lo scriviamo perché Montanelli è una gloria del Corriere della Sera, dov’è tornato nel 1995, dopo aver fondato e diretto il Giornale per vent’anni. Non lo scriviamo perché Montanelli ha insegnato il mestiere a tanti di noi, e ci ha voluto bene.

Lo scriviamo perché l’uomo e il profession­ista non meritano un affronto del genere; e non lo meritano Milano, l’italia e gli italiani, già provati da mesi drammatici. Abbattere la statua di un dittatore può essere un gesto liberatori­o; rimuovere la statua di un giornalist­a libero puzza di fanatismo.

L’accusa risale al 1935. Per valutarla, occorre conoscere il contesto. Indro Montanelli — giovane fascista disincanta­to, speranzoso reporter — parte per il fronte africano. Ha appena compiuto ventisei anni. All’asmara viene incorporat­o come comandante di compagnia nel XX Battaglion­e Eritreo, formato da ascari, mercenari locali. Una unità raccogliti­ccia e inefficien­te, con compiti di retroguard­ia. Il sottotenen­te Montanelli scrive: «Abbiamo davanti un nemico che non fa che fuggire e una popolazion­e che non fa che applaudire. È una passeggiat­a, sia pure un po’ scomoda». L’avventura è raccontata in un libro, XX Battaglion­e Eritreo, che viene recensito in modo lusinghier­o da Ugo Ojetti sul Corriere della Sera e apre a Montanelli le porte di via Solferino.

Appena arrivato in Africa, Montanelli aveva accettato di prendere come compagna un’adolescent­e abissina, secondo la tradizione locale. La ragazzina si chiamava Destà. «Per tutta la guerra, come tutte le mogli dei miei ascari, riuscì ogni quindici o venti giorni a raggiunger­mi ovunque mi trovassi, in quella terra senza strade né carte topografic­he».

Montanelli poi capì l’ingiustizi­a e l’anacronism­o di quel legame; ma non negò, né rimosse, la vicenda. La giovanissi­ma Destà andò poi in sposa a un attendente eritreo, e con lui fece tre figli: il primo lo chiamarono Indro.

Abbattere, per questo, la statua di Montanelli? Sarebbe assurdo e offensivo, come dicevamo. Quella vicenda — non esemplare, certo — non rappresent­a l’uomo, il giornalist­a, le cose in cui ha creduto e per cui s’è battuto. Se un episodio isolato fosse sufficient­e per squalifica­re una vita, non resterebbe in piedi una sola statua. Solo quelle dei santi, e neppure tutte.

Infine: accanirsi contro la

Il contesto nel 1935

In Africa, Montanelli aveva accettato come compagna un’adolescent­e abissina

figura di Montanelli sarebbe controprod­ucente. Se il sindaco Beppe Sala, l’amministra­zione comunale di Milano e il partito Democratic­o accettasse­ro di rimuovere quella statua -—per distrazion­e, per conformism­o, per ignavia — regalerebb­ero molti moderati alla destra estrema, che li aspetta a braccia aperte. È accaduto altrove, per esempio negli Usa: i fanatici della «correttezz­a politica» hanno contribuit­o a portare Donald Trump alla Casa Bianca.

Lasciateci perciò i Giardini Montanelli, con la loro statua. Dei Giardini Sentinelli, con le loro ossessioni, facciamo volentieri a meno.

 ??  ?? Il precedente La statua di Montanelli imbrattata di vernice rosa nel 2019
La dedica della città Montanelli è morto a Milano il 22 luglio 2001
Il precedente La statua di Montanelli imbrattata di vernice rosa nel 2019 La dedica della città Montanelli è morto a Milano il 22 luglio 2001
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy