CODICE DEGLI APPALTI, SERVE SEMPLIFICARE PER POTER INVESTIRE
Ultimo in ordine di tempo è arrivato l’altolà della Corte dei Conti nella relazione che segue i monitoraggi sulle amministrazioni dello Stato, gli acquisti di beni e servizi da parte di alcuni ministeri. «È necessario ridurre le stazioni appaltanti» scrivono i magistrati dell’organo di garanzia motivando la richiesta di diminuire il numero degli enti promotori con i rischi per la libera concorrenza, mentre resta evidente la generalizzata carenza di trasparenza e di precisione nei contratti. Tanto che, alla fine, tocca riaprire i documenti per completarli «con clausole aggiuntive», viene sottolineato nella relazione, lasciando immaginare tutto ciò che ne consegue in tema di burocrazia e perdita di tempo.
Il tema posto dalla Corte dei Conti è parte di una questione più ampia, già incandescente e anzi da «codice rosso» come l’ha definito il presidente dei costruttori italiani Gabriele Buia, invocando su questo quotidiano la riforma del Codice degli appalti. Se vogliamo rialzarci, allora dovremo prima di tutto riparare scuole, palestre e campetti da calcio, rimettere in efficienza ospedali e presidi sanitari, ripensare i penitenziari, e certo ricostruire strade e viadotti.
Non è la grande opera realizzata in condizioni (e deroghe) eccezionali come il Ponte Morandi — il dibattuto modello Genova — cui bisogna guardare. Piuttosto, è la miriade di interventi di manutenzione ormai urgenti in tutto il Paese a soffrire un sistema inefficiente di controlli ex ante, vecchi mali e recenti complicazioni, paralizzato ben prima dell’avvento del Covid. Se è vero che ogni euro investito in infrastrutture può generarne fino a tre di Pil, non andrebbe sottovalutata la proposta Colao di semplificare l’applicazione del (nuovo) Codice degli appalti ai progetti di natura infrastrutturale adottando per le opere «di interesse strategico» le Direttive Ue. Un modo per recuperare tempo prezioso e aderire, facendo il nostro interesse, a quello stesso progetto europeo che ci consente di avere risorse da impiegare nella nostra ripresa economica.