IL MIRACOLO DELLA CUPOLA DI «PIPPO» BRUNELLESCHI
Risponde Aldo Cazzullo
La ringrazio per la sua lettera perché la cupola di Santa Maria del Fiore — insieme con i mosaici di San Marco — è secondo me la cosa più bella del mondo, e mi inorgoglisce pensare che sia nel mio Paese. Qualche tempo fa mi è capitato di scrivere che per oltre mille anni, dai tempi del Pantheon fino a Filippo Brunelleschi, l’uomo non sapeva più voltare una cupola. Mi è stato fatto notare che in quei mille e più anni sono state costruite molte cupole, comprese appunto quelle di San Marco. Certo. Ma nessuna di tale arditezza da sembrare una delle colline che cingono Firenze dal lato meridionale, capace di resistere a tempeste e terremoti sino ai giorni nostri. Ma sentiamo come Leon Battista Alberti, un collega di Brunelleschi, uno che quindi secondo le logiche del nostro tempo dovrebbe dire di lui cose orribili, commenta la sua opera: «Chi mai sì duro o sì invido non lodasse Pippo architetto vedendo qui struttura sì grande, erta sopra e’ cieli, ampla da coprire con sua ombra tutti e’ popoli toscani, fatta sanza alcuno aiuto di travamenti o di copia di legname, quale artificio certo, se io ben iudico, come a questi tempi era incredibile potersi, così forse appresso gli antichi fu non saputo né conosciuto?». Tre annotazioni: Filippo Brunelleschi curvò la cupola senza armature, grazie a una doppia volta, di cui quella interna autoreggente e quella esterna solo di copertura; vinse il concorso nel 1420, quasi vent’anni dopo aver perso quello per la Porta Nord del Battistero, la Porta del Paradiso, vinto con suo grande scorno da Lorenzo Ghiberti — ma qualcuno sostiene che avessero vinto entrambi, ex aequo, e che Brunelleschi si sia rifiutato di lavorare con Ghiberti —; Leon Battista Alberti lo chiama confidenzialmente Pippo. (Va detto che, tra i grandi italiani, anche Giuseppe Mazzini e Giuseppe Dossetti erano chiamati Pippo dagli amici).