Corriere della Sera

«Quei feretri senza tomba, non li dimentiche­rò»

- Tullio Balzano, Trieste

Il 10 giugno del '44 Trieste subiva il primo bombardame­nto aereo. Furono distrutte molte case, chiese, strutture industrial­i e portuali.vi furono quasi un migliaio di vittime. Perduta ogni cosa, vissi in una soffitta per 16 anni, ospite nello studio fotografic­o di un parente. Così conobbi molti militari che venivano a farsi fotografar­e: vidi divise della Repubblica di Salò, della Wehrmacht, del IX Corpus Jugoslavo, di Neozelande­si, Australian­i, indiani Sikh, Inglesi e Americani. Riuscii a diventare persino amico di un soldatino tedesco, conosciuto in un rifugio antiaereo, fatto poi prigionier­o, e poi di un caporale inglese. Sono vissuto in una Trieste di cultura italiana ma di mentalità asburgica, sottoposta all’occupazion­e tedesca del Litorale Adriatico, poi a quella dei 40 giorni di dominio delle truppe di Tito, poi a quella del Governo militare alleato angloameri­cano. Ho sfiorato, senza averne coscienza diretta, i drammi della Risiera e delle foibe, ho testimonia­to da giovane studente liceale le manifestaz­ioni per il ritorno della città alla sovranità italiana. Perché racconto tutto questo? Perché stiamo (forse) uscendo da un dramma durato alcuni mesi. Ma io non ho visto mai prima camion di feretri in cerca di una tomba e mai la disperazio­ne di chi non poteva dare un ultimo saluto a un suo caro. Ora vorrei poter ricordare gli occhi di tante donne con il volto coperto dalle mascherine. Occhi indimentic­abili e bellissimi.

Il signor Tullio ha avuto una vita con molti colpi di scena. La pandemia lo ha messo di fronte a una scena mai vista prima: le bare trasportat­e dai camion

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