Arcelormittal ad alta tensione, l’incognita del piano B
Rottura delle relazioni industriali con Arcelormittal. Così Fim, Fiom e Uilm di Taranto cercano di uscire dall’angolo dopo che — di fronte all’annuncio di 5.000 esuberi — i lavoratori hanno strappato le bandiere del sindacato. Segnale inequivocabile di una situazione sempre più tesa e difficile da governare. Complice l’altissimo livello di incertezza — i segnali di disimpegno dei Mittal si moltiplicano mentre non esistono né un partner alternativo né un piano B — la rabbia dei lavoratori si rivolge prima di tutto verso i loro rappresentanti. Anche se la colpa del sindacato può essere al massimo quella di avere esultato troppo, assieme all’allora ministro dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio, quando venne firmato nel settembre 2018 l’accordo che conservava 10.700 posti di lavoro. Da allora Uilm, Fim e Fiom (questo l’ordine con cui le tre sigle sono presenti a Taranto) sono state soltanto spettatrici del lento e inesorabile precipitare della situazione. Iniziato nel settembre 2019, con la cancellazione dello scudo penale. Ora due nuovi elementi rimettono al centro il ruolo dell’ex Ilva per l’industria italiana. Il primo: la disponibilità di fondi europei per il rilancio. Il secondo: l’importanza di accorciare le filiere nel mondo post Covid. Da qui si potrebbe forse ripartire per dare una prospettiva industriale a Taranto e alla siderurgia del Paese.