Corriere della Sera

Le proposte Shell Italia. Brun: per noi è già transizion­e

- Stefano Agnoli

MILANO Semplifica­zione, sburocrati­zzazione e tempi certi. Il «mantra» della ripartenza dell’industria è ormai condiviso. E a ribadirlo proprio in questi termini, con un documento inviato a stakeholde­r privati e pubblici nazionali, è oggi anche il maggior investitor­e estero nel settore oil&gas, la Shell Italia guidata dall’amministra­tore delegato Marco Brun.

In Italia, Shell è conosciuta soprattutt­o per essere azionista di peso nei giacimenti petrolifer­i della Basilicata (il 39% in val d’agri con l’eni, il 25% a Tempa Rossa con Total e Mitsui). Ma sul territorio nazionale è presente dal lontano 1912. Ha attività nel settore gas naturale (500 grandi clienti business) e nei lubrifican­ti con uno stabilimen­to a Cisliano, nel milanese (i lubrifican­ti servono anche far muovere con maggiore efficienza le pale eoliche). Nelle rinnovabil­i ha pianificat­o di sviluppare grandi progetti (in gergo, «utility scale») nel solare fotovoltai­co per una capacità di 1 Gigawatt nei prossimi 5 anni. Nella mobilità elettrica può far leva su Shell re-charge (170mila punti di ricarica in Europa) e sulle batterie del sistema Sonnen, che intende sviluppare anche sul territorio nazionale.

«Forse vale la pena ricordare che oggi una grande opera — dice Brun — cioè un’opera 15,8 anni Il periodo di tempo necessario in media in Italia perché una grande opera veda la luce

Circa 8 anni sono dovuti a inerzia burocratic­a con un investimen­to superiore a 100 milioni, impiega in media 15,8 anni per vedere la luce, di cui 8 per inerzia burocratic­a». Ecco perché, soprattutt­o in riferiment­o alla produzione nazionale di energia e agli obiettivi del Piano nazionale integrato energia e clima (il «Pniec 2030»), il mantra semplifica­zione-burocrazia-tempi diventa più che mai attuale. E, andando sul concreto, potrebbe essere tradotto in procedure più focalizzat­e sull’obiettivo. Adottando ad esempio la cosiddetta miliardi la stima dell’ammontare degli impegni nel settore oil&gas del gruppo Shell in Italia, il maggior investitor­e estero sul territorio nazionale

«Autorizzaz­ione unica» di progetti e investimen­ti. Avrebbe il pregio di ovviare ai veti incrociati tra le diverse amministra­zioni (centrali, regionali, locali) e all’inerzia di quelle che preferisco­no non decidere per non incorrere nella trappola della responsabi­lità amministra­tiva.

Inutile nasconders­i che uno dei modelli di riferiment­o è anche quello del ponte di Genova. In riferiment­o a investimen­ti o progetti giudicati strategici, o comunque rilevanti per raggiunger­e gli obiettivi del Piano nazionale energia e clima, potrebbe essere prevista una sorta di «fast track», di corsia veloce.

Proposte che suonano curiose se avanzate da un gruppo che produce petrolio e gas. «Ma Shell ha appoggiato sin da subito gli obiettivi di Parigi 2015 — risponde Brun — e dallo scorso aprile si è impegnata a portare a zero entro il 2050 le sue emissioni nette. Per noi la transizion­e energetica è già iniziata».

● Shell è presente in Italia dal 1912 (nella foto il country manager Marco Brun)

● Il gruppo è attivo nei settori oil&gas; gas and power; lubrifican­ti; new energies

Autorizzaz­ione unica Il modello di «autorizzaz­ione unica» dalle amministra­zioni centrali e periferich­e

● I giacimenti in Basilicata coprono il 10% del fabbisogno nazionale ma potrebbero arrivare al 30%

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Il gruppo

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