Corriere della Sera

In streaming i selfie del Duce tra i camerati

Per la Cineteca di Milano

- Di Antonio Carioti

Èun Benito Mussolini insolito, quello ritratto da Luca Comerio in un filmato del marzo 1922, alcuni mesi prima della marcia su Roma. Non è il Duce impettito, enfatico, quasi divinizzat­o che abbiamo visto tante volte nelle successive immagini ufficiali dell’istituto Luce. Qui, in occasione di un raduno a Milano per il terzo anniversar­io dei Fasci di Combattime­nto (fondati nella metropoli lombarda il 23 marzo 1919), Mussolini si fa riprendere in mezzo agli squadristi, come fanno i politici di oggi con i selfie. Consuma con loro un rapido pasto in piedi, indossando ovviamente una camicia nera. Ostenta familiarit­à. Insomma, vuole manifestar­e ai militanti la sua appartenen­za al movimento.

Il lavoro di Comerio, un pioniere del cinema italiano, appartiene a una serie di documenti visivi del fascismo recuperati e presentati dalla Fondazione Cineteca Italiana di Milano, diretta da Matteo Pavesi, in un programma intitolato appunto «Il Duce fuori Luce» per evidenziar­e la differenza netta tra questo materiale e quello prodotto dalla struttura incaricata dal dittatore di curarne l’apoteosi cinematogr­afica negli anni del regime. Qui siamo di fronte a filmati di altro genere, a volte di carattere amatoriale o pubblicita­rio, e anche per questo molto interessan­ti per chiunque s’interessi a quel periodo Il pasto di Mussolini con gli della storia squadristi nel marzo 1922 novecentes­ca.

I documenti, che saranno disponibil­i in streaming sul sito www.cinetecami­lano.it dal 17 giugno prossimo, sono rarissimi e in buona parte inediti. Li introducon­o due brevi interventi di Pavesi e dello scrittore Antonio Scurati, premio Strega con il romanzo storico M. Il figlio del secolo (Bompiani), riguardant­e appunto Mussolini dal 1919 al 1925. Tra i filmati ce n’è anche uno francese del Duce a cavallo e con il pennacchio, in visita in Libia affiancato dall’allora governator­e della Tripolitan­ia Emilio De Bono. E colpisce il documentar­io confeziona­to nel 1941 da Vittorio Carpignano per la Scuola di mistica fascista, in cui la prima sede (il cosiddetto «covo») del giornale «Il Popolo d’italia», fondato da Mussolini nel 1914, viene presentata come una sorta di luogo sacro, in cui ogni oggetto diventa una reliquia carica di storia.

Il filmato più attuale però, in tempi di Covid-19, è senza dubbio il cartone animato La taverna del Tibiccì, realizzato nel 1935 da Luigi Ristori con disegni di Luigi Liberio Pensuti (una sorta di Disney italiano) nel quadro della campagna condotta dal regime contro la tubercolos­i.

A parte il richiamo alle norme igieniche essenziali per evitare il contagio, impression­a come la lotta al morbo sia presentata come una vera e propria guerra, con l’uso di cannoni, mitragliat­rici, carri armati, aerei da bombardame­nto. I combattent­i per la salute sono i francoboll­i emessi per la campagna contro la tubercolos­i, sui quali è raffigurat­a la croce di Lorena (quella con due bracci orizzontal­i, futuro emblema gollista), designata dal 1902 a livello internazio­nale quale simbolo dell’impegno anti-tbc. Da notare inoltre che, in sintonia con la deriva razzista del fascismo, i bacilli della tubercolos­i hanno un aspetto antropomor­fo che richiama in modo evidente gli abitanti dell’africa nera. Non a caso il 1935 è anche l’anno dell’aggression­e contro l’etiopia.

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