La proprietà è utile, non sacra Piketty contro la disuguaglianza
L’autore di «Capitale e ideologia» (La nave di Teseo) e de Bortoli con la Fondazione Feltrinelli
«Per troppo tempo, dopo la caduta del comunismo, abbiamo smesso di pensare a come trasformare il capitalismo. E oggi la crisi ci chiama a una mobilitazione collettiva e all’impegno di tutti i cittadini per costruire un modello economico più giusto e sostenibile». Parla di «socialismo partecipativo e condivisione del potere» lo studioso francese Thomas Piketty, dialogando con Ferruccio de Bortoli al primo degli appuntamenti digitali di avvicinamento all’edizione 2020 della Milanesiana in calendario a luglio, organizzato con la Fondazione Feltrinelli e trasmesso in streaming su corriere.it.
Il tema scelto per quest’anno dall’ideatrice e direttrice della manifestazione Elisabetta Sgarbi è «Colori», simbolo di vita e caleidoscopio delle passioni, come lei stessa ricorda prima di avviare la prima conversazione della miniserie «Aspettando la Milanesiana», introdotta dal direttore del «Corriere» Luciano Fontana, che sottolinea l’importanza della stessa Milanesiana come momento di ripartenza per la città.
«I colori dell’economia. Capitalismo, ideologia e disuguaglianze» è dunque il titolo dell’incontro con Piketty, al quale Sgarbi e de Bortoli riconoscono, in premessa, il merito di «averci risvegliato» dall’idea che le disuguaglianze siano un destino inevitabile, «una rassegnazione nella quale sembravamo precipitati». La via per uscirne c’è, replica Piketty, «a patto di una mobilitazione a tutti livelli che permetta ai cittadini di appropriarsi dei temi dell’economia».
Nel suo ultimo voluminoso libro Capitale e ideologia, edito in Italia da La nave di Teseo, l’autore de Il Capitale del XXI secolo (Bompiani, 2016; 2,5 milioni di copie vendute nel mondo) riflette sul superamento delle ideologie che hanno portato «a sacralizzare il mercato e la proprietà privata». Piketty non teorizza la rinuncia alle libertà personali, «anzi — afferma — il socialismo partecipativo accresce la libertà e corregge disuguaglianze e ingiustizie». Secondo l’economista, è tempo che anche in Francia e in Italia i lavoratori partecipino al potere e alla proprietà «attraverso il diritto di voto nei consigli di amministrazione, come av- viene in quasi tutte le econo- mie del Nord Europa».
Stimolato anche dai ricercatori della Fondazione Feltrinelli Andrea Califano e Luca Cigna, Piketty difende l’idea di «una dotazione minima per tutti». Un patrimonio minimo del quale indica anche la soglia di partenza: 100-120 mila euro. Questo non significa, spiega, negare le capacità individuali: «Bill Gates — argomenta — il computer non l’ha creato da solo. C’era tutto un sistema intorno a lui che gli ha permesso l’iniziativa imprenditoriale», che lo ha portato ai vertici della classifica mondiale della ricchezza.
Ma nel concetto di proprietà privata, chiede de Bortoli, qual è il limite? «Io credo nella proprietà privata — ribatte
Piketty — a condizione che non sia sacralizzata e resti entro limiti ragionevoli, responsabili, sostenibili». Il passo necessario è la «giustizia fiscale. I più agiati vanno chiamati a uno sforzo. Negli Stati Uniti la proposta di una patrimoniale per i grandi ricchi trova molto consenso anche nell’elettorato repubblicano».
La stessa Europa, aggiunge, soffre una questione di giustizia fiscale e «i Paesi che si comportano correttamente non dovrebbero più accettare il libero scambio con quelli che hanno scelto di essere paradisi fiscali». E se Bruxelles intende contrastare le spinte che rischiano di portare «altra sfiducia e nuove Brexit», pensi a superare il vincolo della «falsa unanimità». Anche se, ironizza, «capisco sia strano votare all’unanimità contro la regola dell’unanimità».
Potrà la crisi pandemica accelerare il cambiamento? «Stiamo già mettendo in discussione molte cose — dice Piketty — ma dobbiamo impegnarci per trasformare le ideologie dominanti. Non sottovalutiamole».