Corriere della Sera

Nel mondo 1,6 miliardi di alunni rimasti a casa «Ora 6 mosse per il rilancio»

Il Forum education: studiare le eccellenze nei quartieri

- Valentina Santarpia

Per la prima volta nella storia, un miliardo e 600 milioni di bambini e ragazzi di 165 Paesi del mondo hanno interrotto la scuola. Più di 365 milioni di bambini sono stati improvvisa­mente esclusi dall’assistenza sanitaria e dai programmi alimentari che la scuola garantiva. Quelli che appartengo­no alle fasce sociali più deboli sono rimasti esposti a contesti familiari violenti e prospettiv­e. Sono questi i dati da cui è partito il gruppo di lavoro nato con il Forum education di Camogli dell’1-2 febbraio 2020, composto da venti personalit­à del mondo della cultura, dell’economia e della società civile, tra cui il direttore del Forum Danco Singer: dal sindaco di Milano Beppe Sala a Stefania Giannini, direttrice Education di Unesco, dal vicedirett­ore del Corriere della Sera Federico Fubini a Barbara Cominelli di Microsoft.

L’obiettivo? Rimettere l’educazione al centro, «perché è l’unico strumento con cui, nel medio e lungo termine, si può realizzare il cambiament­o culturale, economico e civile necessario per applicare efficaceme­nte un nuovo modello di sviluppo (no one left behind, nessuno sia lasciato indietro), il solo capace di risollevar­ci dalla crisi della pansenza e rispondere proattivam­ente alle emergenze future». Del resto, la situazione dei bambini e dei ragazzi in Italia è già drammatica: sono 2 milioni e 192 mila quelli che vivevano in condizioni di povertà relativa, quasi 1,3 milioni quelli in povertà assoluta, 273 mila i bambini e i ragazzi con disabilità e bisogni educativi speciali, 819 mila gli stranieri. Sono quelli che con la crisi da Covid-19 rischiano di rimanere indietro e non recuperare mai più.

Da dove cominciare? «La sfida deve partire dalle città», scrivono gli esperti, perché sono i centri più vicini ai bisogni educativi dei cittadini. Questa rivoluzion­e educativa passa per sei step. Il primo è il fallimento formativo: se non ci si rende conto «del tempo di istruzione perso», non si può iniziare il migliorame­nto. Secondo punto è il raggiungim­ento degli emarginati: è fondamenta­le riportare nei binari educativi chi è deragliato, dai migranti alle minoranze. Bisogna poi guardare ai fondi europei: come sono stati utilizzati e come si potranno sfruttare le prossime risorse? Quarto elemento è il reclutamen­to dei docenti, da sempre uno degli snodi chiave. Poi bisogna puntare sulla cooperadem­ia, zione, sulle sinergie tra protagonis­ti. Infine, l’edilizia scolastica: la scuola non è solo istituzion­e, ma anche luogo fisico, che va messo in sicurezza, adattato e trasformat­o.

Ma non ci sono solo punti critici. Gli esempi virtuosi da imitare sono «le comunità educanti, le pratiche locali e le iniziative individual­i che stanno dimostrand­o una proficua cooperazio­ne tra pubblico, sociale e privato, con eccellenti risultati», si legge nell’appello. Ed è da lì, dai «presidi repubblica­ni», che bisogna partire per creare quelle scuole di quartiere che possano diventare centri civici. Il primo passo? Un incontro nazionale a Milano: per mettere in campo le esperienze proficue e le emergenze.

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