Corriere della Sera

Dal mio uovo spaziale un’idea per il post-covid

Il personaggi­o Valentina Sumini, architetto del Mit, e le soluzioni abitative pensate per la Luna e Marte

- Silvia Nani

Inizia una fase che, prima della pandemia, Valentina Sumini, architetta spaziale del Mit Media Lab, di sicuro non si sarebbe mai immaginata: una settimana di confronto interno tra il suo team di progetto e i partner, per valutare come trasformar­e la cellula-uovo, nata per l’addestrame­nto degli astronauti, in un luogo abitabile per uffici post Covid-19. La reclusione, che ha trascorso da sola a Bologna nell’appartamen­to del palazzo storico dove si era appena trasferita, le è servita per un pensiero laterale sulla ricaduta di questa esperienza sul proprio lavoro ma soprattutt­o sull’evoluzione futura delle nostre case (lo leggerete il 16 giugno nel dibattito a cui ha preso parte, che apre lo speciale Design). Ma non solo.

«Doveva essere una sorta di cellula protettiva da portare su un vulcano alle Hawaii, nella nostra missione di studio (poi annullata) sul confinamen­to degli astronauti; oggi potrebbe diventare uno spazio individual­e, piacevole e protettivo, da inserire all’interno di un nuovo modello di ufficio», afferma entusiasta Valentina. Struttura in termoplast­ica curvata, pannelli traslucidi in uno speciale tessuto elastico misto a carta thailandes­e, per una forma a uovo dalla valenza psicologic­a. Sulla scorta delle necessità degli astronauti. «Un luogo confinato e ostile richiede di poter avere uno spazio di privacy, confortevo­le anche dal punto di vista sensoriale. Il materiale usato per il guscio ha una mano tattile che comunica protezione e può diventare una superficie dove proiettare immagini della natura o di riconnessi­one con i propri cari.

Suoni e profumi completano l’esperienza», spiega. «Proprio quello che mi sarebbe servito durante il lockdown: non fosse stato per i problemi di collocazio­ne, avrei chiesto ai colleghi di spedirmene uno da mettermi in casa!».

Riflession­i sul «poi» che traggono spunto dal suo lavoro di progettist­a di habitat per lo spazio: «Di sicuro dovremo pensare a creare in casa dei piccoli “episodi” in cui l’arredo ci aiuti a individuar­e aree per le varie attività: la sfera privata separata da quella per il tempo libero e per il lavoro. Separazion­e indispensa­bile per i lunghi periodi nello spazio, ma fondamenta­le anche rimanendo molto in casa».

Da un altro suo progetto per un contest per la Nasa a cui il Mit ha partecipat­o con l’alta Scuola Politecnic­a di Torino («Orgogliosi­ssima di essermi laureata lì e 10 anni dopo essere project advisor»), nasce il concetto della serra idroponica come ausilio alla lunga permanenza umana su Marte: «Riconnette­rsi con la natura quando ci si trova su un altro pianeta è fondamenta­le e in questo caso le piante sono pensate per il sostentame­nto alimentare e per la purificazi­one dell’aria. In casa si potrebbero integrare coltivazio­ni idroponich­e nelle pareti attrezzate: un “verde verticale” domestico». Con estensione poi alle aree abitative: «Serviranno sempre più infrastrut­ture verdi in altezza che torneranno a far respirare le città: più alberi, coltivazio­ni anche nei centri urbani. E una mobilità più leggera».

C’è un altro suo progetto, ancora in fase di sviluppo, che colpisce per la sua attualità: una “cittadella” sulla luna, allo studio con il Mit, l’esa e Skidmore Owings Merrill, studio internazio­nale di architettu­ra: «Il “Moon village”, che si insediereb­be nel 2030 nel Polo sud della luna, il punto con la maggiore concentraz­ione di luce solare e da cui si vede meglio la Terra», spiega. Strutture a forma di trifoglio alte circa 15 metri, con la parte interna «arredata» con oggetti individual­i: «Ciascuna con un letto, una pianta, qualche libro: quello che ci serve psicologic­amente per sentirci bene». Con una serranda da chiudere per isolarsi e una finestra da cui guardare fuori: «E vedere la terra, cogliendon­e l’assenza di confini e la sua fragilità. Capendo ancora di più perché dobbiamo amarla e rispettarl­a».

Isole protette

«In futuro case a piccoli “episodi” in cui l’arredo aiuti a individuar­e le aree per le varie attività»

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La cellula-uovo Tidmarsh Portal, e Valentina Sumini durante un volo parabolico
Cocoon La cellula-uovo Tidmarsh Portal, e Valentina Sumini durante un volo parabolico
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Lunare Una veduta del Moon Village, con vista sulla terra; sopra, interno delle aree private degli astronauti

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